“Siciliani non andate più a cercare lavoro in Germania”. Il racconto di chi vive lì

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“Siciliani non andate più a cercare lavoro in Germania”. Il racconto di chi vive lì
Enrico Miceli, emigrato tanti anni fa, racconta com'è il "suo" paese oggi. "Se non conosci il tedesco finisci a fare il lavapiatti per 900 euro al mese"

18 Gennaio 2016 - 00:00

La guardiamo sempre come un punto di riferimento. Un luogo perfetto per ricominciare a vivere e rifarsi una vita. Lontano dal nostro Paese, l’Italia che ci ha tradito. La Germania è a due passi. Vicino vicino. Ed è la meta di molti siciliani, che afferrano una valigia e provano a ricominciare. Ma è davvero così facile? È davvero così perfetta? Ci racconta la Germania come non l’abbiamo mai vista Enrico Miceli, uno che tanti anni fa ha preso la valigia ed è andato a vivere lì. Ma oggi? Cosa farebbe? Scopritelo leggendo il suo pezzo carico di emozioni.

“Sabato, un sabato qualsiasi, ore 7,30 circa. Stazione delle corriere “ZOB Hackerbrücke“ di Monaco di Baviera. Il freddo è tagliente, ma l´aria è leggera e non c’è un filo di umidità. Si sente il rumore dei treni della stazione adiacente, mentre la gente comincia ad affluire al centro commerciale subito sopra la stazione. Mi fermo nei pressi della stazione delle corriere e comincio ad osservare gli arrivi dei pullman. Uno mi incuriosisce in particolare. Perché? Perché viene da Palermo. Mi avvicino e con calma tutti scendono dal pullman. Mi sembra per un attimo di essere a casa, sentendo la maggioranza dei passeggeri parlare in dialetto siciliano, con le più svariate cadenze: dal baarioto, al catanese, al siracusano, e così via. Palermitano in primis. All´apertura delle porte, mi sembra quasi di sentire la ventata dell´aria carica del profumo degli agrumi. Tutti hanno in mano uno zaino od un borsone, sembrano molto disorientati, si guardano attorno e tutto quello che vedono e sentono è tedesco! É un incubo non capire cosa sta succedendo intorno. Allora mi avvicino e ne fermo un paio. Conosco così Salvatore, 53 anni, passato da muratore “mastro” e da 2 anni lavora senza essere pagato regolarmente. Parla un palermitano molto stretto, e quasi si esprime a stento in italiano. Ha 3 figli ancora minorenni e vive vicino Borgo Vecchio. É venuto qui all´avventura, sperando di trovare un lavoro nel suo campo e potere permettersi di mantenere la famiglia dignitosamente, che per ora vive dalla suocera. Infatti Salvatore ha dovuto lasciare la casa dove aveva abitato gli ultimi 10 anni, perché non poteva più pagare affitto e bollette. Il mio cuore si stringe a vedere come quell´uomo grande e grosso che si commuove mentre mi racconta come la vita gli è crollata addosso.

Poi ho modo di parlare con Antonio, 49 anni, ragioniere. Persona distinta, italiano perfetto, un paio di occhiali che gli danno quell´aria un po’ da intellettuale, ma una persona molto simpatica. Prendiamo subito confidenza. La ditta per cui lavorava, una ditta di Termini Imerese, ha chiuso e lo ha lasciato a casa con 6 mesi di stipendio arretrato. È riuscito a sospendere il mutuo che ha contratto circa 4 anni fa, ma tra 7 mesi dovrà ricominciare a pagare, con interessi più alti. Anche lui è venuto qui a cercare un qualsiasi lavoro, perché ha moglie ed un figlio di 10 anni mantenere. Dietro il suo sguardo fiero e ottimista, intravedo la paura di non riuscire a farcela più, di non riuscire a provvedere più alla sua famiglia. Io ho conosciuto molto bene quella paura, e la riconosco.

Questa scena si ripete ormai da diversi mesi, tutte le mattine. Pullman provenienti da tutta Italia, compreso il Nord Italia, arrivano a Monaco regolarmente carichi di nuovi immigrati, non solo gente con passato da manovale, ma anche geometri, ingegneri, artigiani caduti sul lastrico. Gente con le più disparate specializzazioni. Tutte vittime di un sistema ingiusto, chiamato Equitalia,  Titolare che non paga,  fallimento della ditta. Chiamatelo come volete, ma nessun nome cambierà la realtà di questa situazione drammatica. Ma il peggio della drammaticità, per loro, sarà scoprire che oggi, la Germania non è più quella degli anni ´70. Non si cerca più la manovalanza generale, gli standard si sono alzati, e anche parecchio. Oggi se non sai il tedesco, nella migliore delle ipotesi potrai andare a lavorare come lavapiatti per un ristorante italiano, 12 ore al giorno, festivi compresi, per 900/1000 euro al mese, spesso nemmeno messo in regola.  Gli italiani qui non sono noti per essere molto solidali con loro connazionali: una triste verità! Questo, alcuni di loro, lo impareranno a loro spese.

Molti di loro, torneranno indietro, purtroppo, con un senso di sconfitta ancora maggiore del senso di impotenza che hanno dall´impossibilità di lavorare dignitosamente. Dirglielo? Non dirglielo? Incoraggiarli? Questo é il mio dilemma! 

Alla fine con una mano sulla loro spalla l´unica cosa che mi viene da fare è salutarli e augurargli buona fortuna. Non me la sento proprio di dire loro la realtà della situazione. Proprio non ce la faccio. Dopo avere ingoiato la commozione nel vedere tanta gente che chiede solo un lavoro dignitoso, cosa che lo stato italiano non permette più, dopo essermi congedato dando indicazioni a molti su dove potevano alloggiare, decido di spostarmi nella zona universitaria di Monaco, chiamata “Universität”. Qui la commozione é stata maggiore. Perché? Perché, se prima ho visto il passato dell´Italia distrutto, ora ho visto sfumarne anche il futuro. Ovunque si sente parlare italiano. Giovani che sono stati invitati a conseguire qui il dottorato, con stipendi più he onorevoli. Giovani che vengono a studiare a Monaco, dal momento che i prezzi sono alla portata anche di un disoccupato, e che decidono di continuare la loro vita qui a Monaco. Di questi, molti non conoscono il Tedesco, ma per loro non é un problema, dal momento che quasi tutte le facoltàsono bilingue: inglese/Tedesco.

Mi avvicino ad un gruppetto che sento parlare in italiano. Siamo all´entrata dell´ Englischer Garten, il parco più grande d´Europa in un centro città. Parlo in particolare con Roberta, sta conseguendo la laura in ingegneria meccanica e viene da Parma. Gli chiedo perché è venuta a studiare qui e lei mi risponde che oltre il costo che é quasi zero, oltre al fatto che ha anche un lavoro all´Ikea che le permette di studiare senza pesare su nessuno, qui avrà la possibilità di cominciare a lavorare subito da ingegnere dopo avere conseguito la laurea. Dopo avere chiacchierato per una mezz´oretta, torno sulla via di casa. Non so descrivere i miei sentimenti.

Ce lo meritiamo? Forse. Possiamo fare qualcosa? Forse. Cambierà la situazione? Forse.Ma poi ripenso alla “solidarietà” che abbiamo noi italiani all´estero, penso ai milioni di italiani che pur di non rischiare di perdere pensione o lavoro statale, preferiscono lasciare le cose come stanno. Ed allora mi rispondo in modo più completo: Ce lo meritiamo? Forse sí. Possiamo fare qualcosa? Forse non vogliamo. Cambierà la situazione? Forse mai”.

ENRICO MICELI

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