Continui a suonare Padre Vincenzo Patti…

Roberto Quattrocchi

Cronaca

Continui a suonare Padre Vincenzo Patti…

26 Febbraio 2017 - 10:27

Per conoscere qualcosa bisogna studiare, per parlare di qualcuno bisogna averlo vissuto ma se questo qualcuno non hai avuto modo di frequentarlo non resta che mettersi in ascolto. Fermarsi, farsi raccontare da coloro che c’erano, chi è stato colui che, nelle membra, ha cessato di essere. Non ho frequentato il convento dei frati cappuccini. Padre Vincenzo Patti l’ho sempre conosciuto a distanza, perché da gangitano non potevi non sapere chi fosse. Cosi appena è iniziata a circolare la voce della sua dipartita mi sono messo in ascolto per cercare di conoscere questo gigante della fede, quest’uomo che il saio e la barba, che gli occhi lucenti e la pelle rugosa consegnano al cuore di tutti i gangitani.

Si, perché conoscere tramite il racconti di altri, ti da la forza del concentrato, dell’essenza condivisa da tanti ma mai dispersa nella sua forza. Mi raccontano che attorno alla sua bara si è riunita la Gifra di un tempo; adolescenti di ieri, quarantenni di oggi…quelli che a messa volevano cantare con la chitarra mentre padre Vincenzo cercava di trasmettergli l’amore per il gregoriano. Mi raccontano che le sue confessioni fossero il segno visibile dell’accoglienza del penitente, parole dolci e in grado di ridare speranza. Una figura austera, di grande umiltà ma anche riservata.

Mi raccontano che dopo l’assoluzione si rivolgesse al penitente con una frase che ne dimostra l’altezza spirituale: “Vai in pace e prega per me”. Lui, ministro di Dio, lui che le sue mani unte dal crisma concedevano il perdono di Cristo, chiedeva preghiere per se stesso. Mentre amministrava misericordia chiedeva preghiera, mentre esercitava la potenza del sacramento riconosceva la debolezza del suo essere, nell’accogliere chiedeva di essere accolto. La musica e la fede, sono stati gli ingredienti di una vita ricca di anni. Oggi qualcuno scrive che a suonare non fossero solo le sua mani ma anche i suoi piedi, che per lodare Dio ci mettesse anche la sua fisicità: un tempo forte ma indebolita dagli anni ma sempre imperitura, ha suonato finché ha potuto.

Mi raccontano che alla fine della messa gli piacesse alzare il volume della melodia che stava suonando, la sua impronta. Mi sono convinto che fosse il suo modo per dire, che l’aspirazione dell’uomo è guardare in alto. Tendere all’infinito. Cosi mi piace salutare questo sacerdote.. pensando che le sue dita scorrano su quei tasti e alzino il volume, per dire di puntare in alto. Da uomini, da cristiani. Cosi quel volume si alza e quella melodia continua ininterrotta perché vive nel ricordo, nell’esempio che è stato e rimane.Le sue note, la sua barba, gli occhi e il saio sono una melodia che non conosceranno fine. Continui a suonare Padre, abbiamo bisogno di quelle note per guardare in alto.

La foto per gentile concessione di Natale Sottile

Padre Vincenzo - ph Natale Sottile

Padre Vincenzo – ph Natale Sottile

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