Pericolo daini sulle Madonie: “Bisogna intervenire prima che sia troppo tardi”

Andrea Di Piazza

Cronaca

Pericolo daini sulle Madonie: “Bisogna intervenire prima che sia troppo tardi”

03 Maggio 2018 - 10:48

Scappati da un recinto della Forestale tra gli anni ’80 e gli anni ’90, daini e cinghiali hanno progressivamente conquistato il territorio delle Madonie. Li si incontra in montagna, tra valli e radure o anche a bordo strada, spesso anzi impegnati in pericolosi attraversamenti, ed ormai anche oltre i confini amministrativi del Parco delle Madonie. Una proliferazione incontrollata, considerato che il loro predatore naturale per eccellenza, il lupo, è scomparso dai nostri monti ormai da quasi cent’anni a causa della vigliaccheria umana. Se da un lato la presenza dei daini ha incentivato l’offerta delle associazioni turistiche e sportive locali, che realizzano tour e trekking dedicati alla loro osservazione, dall’altro la crescita della popolazione starebbe iniziando ad avere effetti controproducenti sull’ambiente madonita.

“I daini svolgono la loro attività ecologica naturale – spiega Tommaso La Mantia Professore Associato in Assestamento Forestale e Selvicoltura presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università di Palermo – Mangiano le gemme, le foglie e scortecciano gli alberi in inverno, attività che però in assenza di predatori naturali ed a lungo andare possono avere effetti negativi sull’ambiente”. Germogli, erba, fogliame, faggiole e magari anche qualche pianta rara: a differenza del bestiame, i daini riescono a brucare anche in zone impervie dove magari crescono rari endemismi. “Le reintroduzioni devono essere fatte con criterio – continua La Mantia – Adesso occorre individuare il carico massimo sopportabile dal territorio in rapporto a fattori ambientali, economici e di sicurezza, e se è il caso bisogna ristabilire il corretto equilibrio tra esigenze della fauna e delle popolazioni locali”.

Ma quanti sono i daini sulle Madonie? Secondo i dati di letteratura e i pochissimi studi sulle osservazioni dirette, nel 1999 la popolazione doveva aggirarsi attorno alle 200 unità, per poi crescere di circa 100 esemplari nel 2002. Un rapporto Ispra sulla distribuzione degli ungulati in Italia, pubblicato nel 2005, stimava la popolazione siciliana di daini in 500 esemplari, principalmente distribuiti sulle Madonie. Qualche anno dopo, nel 2008, il censimento delle popolazioni di daino e capra rinselvatichita con il monitoraggio del relativo impatto ambientale era stato inserito come obiettivo “di priorità media” nel Piano di Gestione Monti delle Madonie redatto dall’Università di Palermo e dall’Ente Parco. Progetto rimasto su carta, visto che bisogna arrivare fino ai giorni nostri per vedere l’ultimo tentativo di censimento condotto dallo studente isnellese in Scienze Agrarie e Forestali Alfonso Filippo che, con la guida di La Mantia, sta tentando di aggiornare con non poche difficoltà il numero di ungulati presenti sulle nostre montagne.

Al momento dunque si può dire che non esiste una stima ufficiale, fattore che rappresenterebbe il fondamentale punto di partenza per l’attuazione di qualsiasi eventuale piano di gestione della fauna selvatica: “I censimenti costituiscono la base per stabilire le risorse da impegnare e fronteggiare il problema della sovrappopolazione – spiega Mario Lo Valvo ricercatore in Zoologia presso il Dipartimento di Scienze Biologiche dell’Università di Palermo – È necessario aggiornare la stima della popolazione e bisogna evitare di dare numeri a caso come fatto da una certa stampa nel caso dei cinghiali. Si parlava di 20-30 mila capi, in realtà dai nostri studi risultano esserci circa 3.500 esemplari nel territorio madonita”.

Una volta raccolti questi dati, il piano prevede in prima istanza l’utilizzo di metodi ecologici per il controllo della popolazione (dissuasori, recinti ecc…) oppure, nel caso in cui questi metodi dovessero ritenersi non idonei, il trasferimento degli animali in altre zone e solo in extremis l’abbattimento selettivo, compito quest’ultimo affidato alle forze dell’ordine e non ai cacciatori. Responsabile della redazione del piano di controllo dovrebbe essere l’Ente Parco, previo appunto dimensionamento della popolazione animale residente.

Il problema della sovrappopolazione di daini e suidi però non sembra colpire soltanto le Madonie, ma anche zone più lontane come l’area di Bosco Ficuzza ed i Peloritani. Ed i daini non sono certo arrivati fin lì con le proprie zampe. “Siamo di fronte ad un problema molto serio che è quello delle reintroduzioni non autorizzate – continua La Mantia – Da un lato potrebbero essere privati, che introducono gli animali per scopi venatori, e dall’altro gli enti pubblici, le cui reintroduzioni sono state fatte in modo assolutamente scellerato e senza considerare il delicato equilibrio dell’ambiente naturale”. Gli fa eco Bruno Massa Professore Ordinario di Entomologia generale presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali dell’Università di Palermo: “Prima di pensare alle reintroduzioni bisogna chiedersi se sussistono le condizioni per riportare nel suo ambiente naturale una determinata specie”. Lo sanno bene sui Nebrodi, dove da diversi anni esiste un’area recintata tenuta sotto stretto controllo, dove vivono in semi-libertà dei caprioli che rappresentano oggetto di studio per ricercatori e studiosi, ma anche attrattiva per turisti e visitatori di passaggio.

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