FUOCO MADONIE, I SETTE GIORNI DELL’APOCALISSE

Michele Ferraro

Editoriale - L'editoriale

FUOCO MADONIE, I SETTE GIORNI DELL’APOCALISSE
La Sicilia, e le Madonie in particolare, hanno subito un attacco terroristico. Qualcuno dovrà pagare per tutto questo scempio

12 Agosto 2021 - 15:27

Al termine di questo inferno qualcuno dovrà parlare, qualcuno dovrà spiegare, qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di un fallimento totale. Dovranno saltare delle teste e dovrà cambiare tanto. Anzi, tutto. A partire dall’incapacità di individuare il “nemico”. Siamo in guerra e non sappiamo chi attacca, non sappiamo dove, quando e soprattutto non sappiamo perché. Con queste premesse ogni battaglia è persa in principio, ed a nulla vale il valore dei soldati mandati in campo allo sbaraglio da generali incapaci di prevedere, pianificare, programmare.

Qui sulle Madonie l’apocalisse è già arrivata. Dal 4 all’11 agosto 2021 il paradiso di questi luoghi si è trasformato in un inferno.  Le Madonie come le conoscevamo semplicemente non esistono più. Dimenticatele. Non c’è più il bosco di Savochella, non c’è più la faggeta di Geraci Siculo, non c’è più il verde della Quacella e del bosco di Fegotti. Solo paesaggi lunari, da Caltavuturo a Collesano a Scillato; da Gangi a Geraci Siculo a San Mauro Castelverde; nelle Petralie ed a Polizzi Generosa. Dappertutto c’è solo desolazione. Migliaia di ettari andati in fumo. Per non parlare delle case, degli animali, delle aziende agricole e zootecniche. Definirlo un disastro è riduttivo.

Mentre gli ultimi focolai non sono ancora spenti rimane solo la considerazione più amara: ad una terra che non ha più nulla da offrire ai propri figli, né futuro né presente, le fiamme hanno tolto l’unico appiglio che rimaneva per sperare in un cambiamento: il passato. Per questo qualcuno dovrà pagare. Dovrà pagare chi riduce al lumicino le risorse dei piccoli Comuni, già privi di uomini e mezzi per affrontare le emergenze che arrivano, sempre.  Puntuali come le tasse. Dovrà pagare chi smantella i presidi territoriali di sicurezza, chi riduce il numero di uomini e mezzi dei vigili del fuoco per un risparmio che ora sappiamo quanto costa. Dovrà pagare chi non sa fare prevenzione e chi, anche dentro le istituzioni, inventa scuse e scomoda i soliti luoghi comuni per tenere lontana l’ombra della colpa.

Pensare, o peggio affermare, che questo scempio sia colpa di qualche piromane, o di qualche operatore antincendio infedele, o di mai sufficientemente motivate liti fra pastori ed agricoltori, o ancora che dietro questo scempio si celino gli interessi economici dei colossi delle energie rinnovabili è un insulto, oltre che una grave perdita di tempo.

Un piromane da solo non può aver causato tutto questo. La favoletta dei pastori non tiene per tanti motivi. Il più banale? Gran parte delle terre bruciate erano proprio pascoli. I soliti sospetti sui lavoratori forestali a tempo determinato lasciano il tempo che trovano. Sì, forse ci sarà qualche pecora nera, ma nei fatti costoro non hanno nessun interesse ad appiccare incendi. Non è difficile comprendere che per ciascuno di loro (151inista, 101inista o 71ista che sia) è molto più comodo trascorrere i giorni che gli sono stati assegnati lontano dal fuoco. Per quanto riguarda poi la speculazione “energetica”, al netto di ogni altra considerazione sul necessario studio dei terreni, basta ricordare che i terreni percorsi dal fuoco non possono cambiare destinazione d’uso per ben 15 anni.

La verità è che la Sicilia, e le Madonie in particolare, hanno subito un attacco terroristico. Per capire chi, come e perché bisognerà mettere su una vera e propria attività di intelligence, scomodando l’esercito ed i servizi segreti, anche perché, detto francamente, se a dover scoprire chi e perché ha causato l’apocalisse dovranno essere gli stessi che avrebbero dovuto prevenirla, allora tanto vale dichiararsi sconfitti in partenza.

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