Addio buon pastore

Roberto Quattrocchi

Editoriale

Addio buon pastore
Riflessione sulla tragica morte di Francesco Paolo Alaimo

18 Gennaio 2016 - 00:00

Oggi abbiamo smesso di scrivere sulle ricerche di un pastore che ha finito la sua esistenza nel letto di un torrente, i funerali fanno tacere la cronaca e aprono la porta degli archivi, personali e comunitari. Mentre l’oblio ambisce a prendere il posto dell’attualità dobbiamo fermarci e riflettere sulla storia di quest’uomo.

Un pastore, vissuto nel silenzio di una vita spesa tra l’ovile e la terra. Potremmo dire quasi sconosciuto, eppure la sua tragica fine lo innalza agli onori di una cronaca che non avremmo voluto raccontare e che appartiene a un mondo che non gli apparteneva.

Quest’uomo del quale non conosciamo neppure il volto, che ha vissuto lontano da tutti noi, se va lasciandoci una grande lezione…di vita! Ieri mattina appena appreso che accanto al suo corpo giacevano i resti di un agnello nato da poco sono riecheggiate nelle mie orecchie le parole del vangelo: “ Io sono il buon pastore; il buon pastore dà la sua vita per le pecore”.

Una morte che raggela e che al contempo parla di origini e di eternità. Sarebbe facile dire che è morto per un azzardo, che in fondo un agnello non valeva la sua, di vita. Invece il suo silenzio ci dice l’esatto opposto, ci racconta di una vita che diventa un tutt’uno con la terra e gli animali, di un esistenza scandita dalle stagioni della natura e dai bisogni di quelle pecore. È una morte quasi primitiva, l’uomo e le sue pecore, il pastore che non esita a lanciarsi per salvare la pecorella smarrita mentre tutte le altre sono al sicuro. Alaimo non ha esitato, in quell’agnello sulla riva del torrente c’era tutta la sua esistenza e lui se ne va lasciandoci una lezione di vita che raggela il sangue, che spazza via ogni interesse per immolarsi sull’altare di una coerenza vissuta fino alla morte.

Alaimo muore e a noi che restiamo dice che le cose per le quali conta davvero vivere sono invisibili agli occhi, che la dignità di un esistenza vissuta a schiena dritta non si mercanteggia. Ciascuno di quelle pecore era la sua vita e quando una è stato in procinto di soccombere lui non ha esitato. In vita e in morte, fedele alla sua dignità di pastore….di buon pastore!! Che la terra gli sia lieve 

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