Anche la Cassazione assolve l'Ing. Francesco Lena

Michele Ferraro

Cronaca

Anche la Cassazione assolve l'Ing. Francesco Lena
Fine di un incubo per il patron dell'Abbazia Sant'Anastasia di Castelbuono

18 Gennaio 2016 - 00:00

La Corte di Cassazione, venerdì 21 febbraio scorso, ha confermato la sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte d’Appello di Palermo. Si chiude così il calvario giudiziario dell’Ing. Francesco Lena iniziato nel giugno del 2010 quando, su iniziativa della procura di Palermo, si diede il via alla maxi operazione “Mafia e Appalti” coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo siciliano che portò all’arresto di 19 persone, fra cui appunto il titolare dell’Abbazia Sant’Anastasia ed altri noti imprenditori fra cui Vincenzo Rizzacasa.

A condurre le indagini allora, il magistrato Maria Pino. Il processo si divise subito in due tronconi, ciò in esito alla scelta del rito abbreviato da parte di Francesco Lena, mentre gli altri imputati, fra i quali Rizzacasa optarono per il rito ordinario. Il processo di primo grado si concluse con la sentenza di condanna di Vincenzo Rizzacasa per favoreggiamento semplice, senza quindi l’aggravante di aver in qualche modo agevolato cosa nostra. Per Lena, invece, già allora  il dispositivo parlava di una assoluzione piena. Avverso tale sentenza il procuratore generale della Corte d'Appello di Palermo chiese la condanna per Lena a dieci anni per associazione mafiosa o, in subordine, a cinque anni e sei mesi per intestazione fittizia aggravata dall'agevolazione mafiosa. Il 17 gennaio dell’anno scorso l’assoluzione di Lena viene confermata dal dispositivo della Corte d’Appello. Ora, finalmente, la terza assoluzione consecutiva per l’imprenditore castelbuonese, pronunciata dalla suprema corte, mette la parola fine a questo incubo durato 3 anni.

La vicenda però, se da un canto contribuisce a restituire dignità al tessuto imprenditoriale di Castelbuono e delle Madonie, non manca di suscitare polemiche che corrono anche sui social network. Su facebook un secco botta e risposta fra Mario Cicero, sindaco di Castelbuno al tempo dell’avvio dell’inchiesta “Mafia e Appalti” e il FLAI CGIL di Castelbuno.

Questo il commento della sezione cittadina del sindacato:

Una bella notizia per una Comunità che non ha avuto il coraggio di attendere il responso del processo prima di togliere la cittadinanza onoraria all’Ing. Lena. Un grave errore di valutazione per chi di cultura progressista, nel rispetto dovuto alla Magistratura come potere costituzionale, non può non essere un garantista. E invece ci si è comportati come chi fa dell’antimafia parolaia il suo mestiere. Che sia un nuovo inizio per Abbazia S. Anastasia e per la Nostra Comunità.

 

Questa invece la risposta piccata di Mario Cicero

Ferisce la meschina e strumentale polemica attivata dalla Flai CGIL Madonie Castelbuono, non e’ mio costume raccontare in pubblico le considerazioni fatte in quelle “dolorose” settimane, (creare coop e altro) sono stato l’artefice della revoca della cittadinanza onoraria dopo aver sentito i capi gruppo consiliare, rifarei quel percorso, perche’ quando si governa una comunità non si guarda agli interessi particolari ma a quelli collettivi, ponderando le azioni da intraprendere. Sicuramente in quel provvedimento vi era solo la volontà di salvaguardare l’immagine di Castelbuono, infatti, gli amministratori di allora non avendo interessi o favori ( vedi indiscriminate assunzioni) da difendere hanno agito solo per difendere l’onorabilità della nostra comunità. Mai ho inteso la morale e l’etica come moda o strumento per fare carriera, lascio alla maturità dei castelbuonesi le valutazioni storiche, auguri all’ingegnere Lena e complimenti per lo stile che lo contraddistingue.

 

 

Il commento del direttore: 

Come tutto ebbe inizio. La strana vicenda di Rizzacasa: imprenditore pulito “beccato” da Addiopizzo

Se non era un imprenditore antimafia poco ci mancava. Vincenzo Rizzacasa risultava essere uno degli “imprenditori puliti” che si potevano fregiare di tale titolo grazie all’inserimento nella speciale lista annuale compilata con scrupolosa attenzione dall’Associazione Addiopizzo. E scrupolosi lo devono essere davvero i giovani della nota associazione se è vero, come è vero, che le disavventure di Rizzacasa, che poi portarono alla nascita dell’operazione “Mafia e Appalti” cominciarono proprio da un “piccolo particolare” scoperto da Addiopizzo. L'associazione aveva scoperto che nelle aziende di Rizzacasa lavoravano Salvatore e Francesco Paolo Sbeglia, padre e figlio, imprenditori edili con notevoli trascorsi giudiziari. Così, Vincenzo Rizzacasa, nella primavera del 2009, vede la sua azienda sospesa a tempo indeterminato dalla lista di “imprenditori puliti”. A Rizzacasa fu anche restituita una donazione che lui stesso aveva fatto all'associazione con lo scopo di istituire una borsa di studio da intitolare alla moglie defunta. Era solo l’inizio dei suoi guai. Nell’estate dello stesso anno arrivò l'espulsione da Confindustria in ossequio al codice etico che ha segnato la recente storia dell'associazione degli industriali. Quindi l’arrivo della magistratura requirente che conclude il suo lavoro di indagini nel giugno 2010 con un'operazione dal nome evocativo – “mafia-appalti” – che, come raccontato sopra, portò all'arresto di diciannove persone. Sono trascorsi quasi 4 anni da allora e finalmente Rizzacasa può tornare a camminare a testa alta. La giustizia gli ha dato ragione. Tornerà adesso ad iscriversi fra gli “imprenditori puliti” di Addiopizzo?

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