Ancora guai per Don Sergio Librizzi, coinvolto nello scandalo dell’8xmille

Michele Ferraro

Cronaca

Ancora guai per Don Sergio Librizzi, coinvolto nello scandalo dell’8xmille
Loschi affari fra il prete madonita e l’ex vescovo di Trapani. Spunta anche l’ombra della mafia

18 Gennaio 2016 - 00:00

L’inchiesta  di Alessandra Ziniti, pubblicata sul quotidiano La Repubblica, si abbatte come un nuovo uragano sulla Curia di Trapani, già da diversi mesi sotto l’occhio del ciclone a causa degli scandali (che abbiamo raccontato) sulla gestione dei centri di accoglienza per migranti.  

Questa volta l’inchiesta, che in realtà viene da lontano, riguarda la distrazione dei fondi dell’8 per mille alla chiesa cattolica che a Trapani, sotto il vescovato di monsignor Francesco Miccichè, venivano destinati secondo gli inquirenti a scopi tutt’altro che benefici: acquisti di ville, immobili e appartamenti, che venivano poi intestati a parenti di monsignor Miccichè. Statue, quadri ed altre opere d’arte oltre a monili e gioielli, tutti nella piena disponibilità del porporato trapanese.

Gli accertamenti patrimoniali a carico di Micciché sono ancora in corso ma l’ex vescovo è già iscritto nel registro degli indagati per malversazione e appropriazione indebita relativamente ai fondi dell'8 per mille della Chiesa trapanese. Uno scandalo che vede aumentare di giorno in giorno il numero dei suoi “accusatori”.Fra questi ci sarebbe anche Don Sergio Librizzi, ex direttore della Caritas trapanese finito agli arresti domiciliari, che sta scontando a Campofelice di Roccella, per estorsione ed abusi sessuali nei confronti di alcuni migranti.

I guai sembrano aver indotto il prete originario di Petralia Soprana ad una collaborazione con i magistrati della procura.

Proprio dalle rivelazioni di  Don Librizzi i pubblici ministeri Di Sciuva, Morra e Tarondo, guidati dal procuratore Marcello Viola, trovano importanti conferme alle accuse di appropriazione indebita che gravano sull’ex vescovo di Trapani Miccichè, al quale, ad oggi, si contestano circa 800 mila euro distratti dall fondo dell’8 per mille.

Come rivela Repubblica il coinvolgimento di Don Librizzi parte da una intercettazione:”Sergio, voglio la tua solidarietà pubblica, non ti dimenticare cosa ho fatto per te, per coprire i tuoi problemi”. Stretto davanti all'intercettazione di questa conversazione con il suo vescovo (dopo l'esplosione dello scandalo degli ammanchi in Curia che vedeva Micciché contrapposto a don Treppiedi), Librizzi avrebbe finito con l'ammettere che parte dei fondi dell'8 per mille destinati alla Diocesi di Trapani sarebbero stati sottratti da Micciché grazie ad una serie di false attestazioni fornite proprio dall’ex direttore della Caritas.

Il “patto” stretto tra i due alti prelati, come racconta Alessandra Ziniti, funzionava così: Micciché consentiva a Librizzi di gestire il lucroso sistema delle 14 cooperative che giravano attorno alla Caritas per l'accoglienza ai migranti, il servizio civile, la raccolta di indumenti usati, l'affitto di un hotel di Valderice (il Sant'Andrea) di proprietà della Curia al ministero dell'interno per 200 mila euro al mese, in cambio avrebbe firmato false attestazioni della Caritas per l'effettuazione di progetti o altre “opere di carità” poi rendicontate come giustificativo della spesa dei circa 700 mila euro l'anno (poco più di metà dell'intera somma, 1.300.000 euro) che ogni anno vengono assegnati alla Diocesi di Trapani come quota per l'8 per mille dei contribuenti. Soldi che devono essere spesi o per esigenze di culto e pastorale (dalla catechesi alla costruzione o ristrutturazione di nuove chiese) o per le cosiddette “opere di carità”.

Una vicenda tristissima, dalla quale, come un vaso di pandora, emergono sempre nuovi mali, come i sospetti legami fra i vertici della curia trapanese e la famiglia mafiosa degli Occhipinto di Dattilo: Orazio Occhipinti era infatti l’autista di monsignor Micciché mentre suo fratello Alessandro era uno dei più stretti collaboratori di Don Librizzi.

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