Cinghiali della tenuta presidenziale venduti e macellanti. Nelle Madonie cosa aspettiamo?

Michele Ferraro

Editoriale

Cinghiali della tenuta presidenziale venduti e macellanti. Nelle Madonie cosa aspettiamo?
A Castelporziano si fa cassa con la vendita dei cinghiali, e si tutela l'ambiente. 

18 Gennaio 2016 - 00:00

La notizia giunge dalle colonne del settimanale L'Espresso. Il noto giornale, spulciando il bilancio della tenuta del Presidente della Repubblica,  a Castelporziano, una riserva di quasi 6 mila ettari alle porte di Roma, nota che fra le voci di bilancio risultano proventi per attività di zootecnia e per la vendita di animali selvatici. Di che si tratta? Lo spiega subito, e nel dettaglio, il settimanale: ogni anno una parte dei cinghiali che popolano la riserva vengono venduti. Lo scorso anno, ad asempio, i cinghiali presidenziali sono finiti sulla tavola di un agriturismo venatorio dell’Abruzzo, specializzato in «degustazioni e trasformazioni». In pratica, il destino di quei cinghiali presidenziali è diventare salsicce e salami. Non c’era alternativa, secondo quanto spiega il Quirinale, perché quei cinghiali, lasciti liberi, avrebbero determinato danni irreversibili alla flora e alla fauna. Nel dettaglio si procede così: si stabilisce di anno in anno di quanti cinghiali liberarsi e questi in parte vengono venduti a una società di macellazione, creando un reddito di poco maggiore ai 40 mila euro annui, e in parte finiscono in beneficenza per le mense dei poveri.

In sostanza si tratta di una soluzione che ricalca quasi in toto quella che l'Ente Parco delle Madonie aveva adottato per liberare il territorio dalla piaga dei suidi: censimento, cattura, vendita e beneficienza. Tutto esattamente come al Quirinale. Ma là, al colle, è solo uno a decidere, il Presidente appunto, mentre da queste parti bisogna aspettare che si mettano d'accordo 90 deputati regionali, assessori di vari assessorati, crocine e crocette, tribunali amministrativi, associazioni ambientaliste (o sedicenti tali) e chi più ne ha più ne metta. Risultato: i suidi ringraziano e scorazzano felici, sempre! O quasi sempre per meglio dire. Perchè tanto si sa! Lo sappiamo tutti e lo sanno, ad uno ad uno, anche i signori onorevoli, assessori, giudici e ambientalisti o sedicenti tali, richiamati sopra. 

Caso sanno? Cosa sappiamo?

Sanno (e sappiamo) che nel Parco delle Madonie si spara che è un continuo capodanno. Battute di caccia al cinghiale da fare invidia alla Regina d'Inghilterra. Frigoriferi pieni zeppi di gustosa selvaggina, per la costante presenza dei bracconieri. Che facciamo, li condanniamo? Neanche per idea, li ringraziamo! Ma, ben inteso, solo loro, i “bracconieri”! Che, strano a dirsi, stanno offrendo – consapevolmente o inconsapevolmente questo poco importa – un contributo straordinario alla tutela e conservazione del prezioso ambiente madonita.

A dire il vero c'avevano provato, come detto sopra, anche dal Parco delle Madonie. Sepolta sotto i polverosi faldoni della sicula giustizia amministrativa, da qualche parte negli archivi, ci deve ancora essere quella legge approvata dall'Assemblea Regionale Siciliana nel 2008, che porta la firma di Davide Faraone, attivatosi su iniziativa dell'Ente Parco appunto. Ma, tant'è, quando per qualche astruso motivo da Palazzo dei Normanni esce fuori una buona legge, potete scommetterci che verrà cassata in quattro e quattr'otto. Così si è passati a nuovi tentativi: il vice direttore del Parco delle Madonie, Peppuccio Bonomo, ci ha perso le notti, riuscendo infine a mettere insieme un testo di legge che sarebbe un vero gioiellino e che, in pratica, ricalca la strada intrapresa da Giorgio Napolitano in quel di Castelporziano; unica differenza: là si agisce, qua siamo ancora alla chiacchiera. Quanto amiamo la chiacchiera noi siciliani! Mica per nulla è nato qui il primo parlamento d'Europa.    

Per conlcudere, fatta eccezione per qualche cacciatore, qualche dirigente regionale di buona volonta, qualche sindaco che, colpevole di aver affrontato di petto il problema, s'è guadagnato una bella denuncia, tutti gli altri (onorevoli, assessori, giudici, ambientalisti) si passino una mano sopra la coscienza. E pazienza se i coltivatori non coltivano più, che tanto è lavoro buttato al primo passaggio di cinghiali.  Pazienza se un domani i figli di lor signori non potranno più vedere un'orchidea selvatica gergmogliare fra gli altipiani madoniti, li potranno consolare con una gustosa fetta di carne di cinghiale che qualche amico bracconiere gli avrà regalato.

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