Colpito da infarto il boss Cosimo Vernengo, nipote del boss spedito a Gangi

Michele Ferraro

Cronaca

Colpito da infarto il boss Cosimo Vernengo, nipote del boss spedito a Gangi
Lo zio rimase a lungo in soggiorno obbligato. La decisione scatenò una storica protesta

18 Gennaio 2016 - 00:00

Il cognome Vernengo, a distanza di oltre 20 anni, non passa ancora inosservato a Gangi. Così la notizia di oggi che riguarda Cosimo, figlio di Pietro “u tistuni”, ricoverato al Civico dopo essere stato colpito da un infarto, fa tornare alla mente una stagione di lotte e di proteste che attraversarono l’intero tessuto sociale gangitano.

Era l’aprile del 1992 quando Ruggero Vernengo, fratello di Pietro, veniva spedito al soggiorno obbligato a Gangi che già “ospitava” un altro pericolo boss spedito dal Tribunale di Palermo, Pietro Pipitone.

 La decisione scatenò una grande protesta, si costituì un comitato cittadino al fine di ottenere la revoca dei provvedimenti riguardanti Pipitone e Vernengo.

Il 24 aprile 1992, giorno dell'arrivo di Vernengo a Gangi, il consiglio comunale presentò le proprie dimissioni al Prefetto, chiedendo anch'esso la revoca del provvedimento. Ma, dopo tre giorni di assemblea permanente, il prefetto rese noto il diniego di provvedere alla revoca.

La protesta a quel punto venne presa in mano dai cittadini di Gangi: insegnanti e studenti, artigiani e commercianti.  Gangi, fino a quel punto conosciuta solo come la patria dei briganti, rivelò il suo nuovo volto, affrancandosi così da uno scomodo passato.

Fu una stagione intensa, attraversata anche da grandi tensioni, legate ad una serie di atti intimidatori, in verità rimasti senza soluzione, che colpirono diverse personalità di spicco, fra cui il coordinatore del comitato Nicolò Patti e l’allora (ed attuale) presidente della Pro Loco Santo Spitale.

Passò del tempo ma alla fine sia Vernengo che Pipitone vennero trasferiti.

Per dare un’idea del “posizionamento” dei Vernengo all’interno della cosca di Santa Maria di Gesù, storicamente legata al mandamento madonita di San Mauro e Gangi, basta ricordare che Cosimo Vernengo,  nel 2002 è stato condannato all’ergastolo per aver preso parte alla strage di via d’Amelio. Il processo nel 2011 è stato annullato ma gli investigatori non hanno mai messo in dubbio il ruolo di spicco dei Vernengo all’interno della cosca palermitana.

I Vernengo non erano dei semplici affiliati, la loro adesione a cosa nostra aveva fruttato per Pietro “u tistuni” e i suoi familiari un patrimonio di oltre 2 milioni di euro che, nel 2004 è stato posto sotto sequestro: 7 magazzini,  5 appartamenti nella zona di Ponte Ammiraglio, un villa di nove vani con piscina e l'annesso terreno di 5.615 metri quadrati a Partinico. Un impero messo su in pochi anni grazie ai proventi di rapine, estorsioni e contrabbando di sigarette, e intestati a prestanome o a familiari.

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