Denunciano e fanno arrestare il “capo famiglia”, ritorsioni per una famiglia dello Zen

Redazione

Palermo

Denunciano e fanno arrestare il “capo famiglia”, ritorsioni per una famiglia dello Zen
Minacce, insulti e perfino le "botte". La polizia, però, ha arrestato 6 persone e denunciate altre 5

18 Gennaio 2016 - 00:00

Ieri mattina, è servito un massiccio intervento della Polizia di Stato, segnatamente del Commissariato San Lorenzo ed al Reparto Mobile,  all’interno del quartiere “Zen 2” per tenere a freno le tensioni di un nucleo familiare, scaturite dall’arresto del capo famiglia.

Il bilancio dell’intervento degli agenti è di 6 persone finite agli arresti domiciliari, per i reati di stalking, violazione di domicilio aggravata dalla violenze sulle cose, danneggiamento aggravato, violenza e minaccia per costringere a commettere un reato e di altri 5 soggetti denunciati a piede libero.

Al di là dei formali provvedimenti restrittivi disposti dall’Autorità Giudiziaria, dalla complessa vicenda, vista in controluce, è lo squallore ed il degrado morale, il dato principale che emerge dalle risultanze dell’attività di polizia.

A far da prologo, l’esecuzione di una condanna, divenuta definitiva, alla pena detentiva di 6 anni ed 1 mese nei confronti di un 64enne residente in via Rocky Marciano.

L’uomo è stato riconosciuto colpevole di violenza sessuale su minore a seguito di un procedimento penale durato, nei vari gradi di giudizio, circa 9 anni nel corso dei quali, in nome di un malinteso senso della famiglia, gran parte della famiglia dell’imputato si è fatta “clan”  .

Quando, ieri, i poliziotti hanno portato via l’uomo dalla sua abitazione, un folto gruppo di familiari, suoi diretti parenti alcuni, altri affini, ha scagliato invettive nei confronti di un vicino nucleo familiare, ed in particolare nei confronti di una donna, la cui testimonianza nel procedimento penale per violenza sessuale a carico del 64enne, è stata ritenuta cruciale ai fini della condanna dell’uomo.

Uguale trattamento è toccato ad una figlia del condannato, residente allo “Zen 2” ma abitante in un distinto alloggio, testimone contraria al padre nello stesso procedimento penale ed allo stesso modo ritenuta da sorelle e cognati, responsabile della condanna dell’uomo.

In particolare, nei confronti della donna che aveva testimoniato contro l’arrestato, la definitività della condanna e quindi l’arresto dell’uomo hanno fatto scattare la vendetta del nucleo familiare rivale, già da parecchio tempo paventata, se la testimone non avesse ritrattato la sua versione dei fatti.

La vittima, all’arresto dell’uomo, temendo per la sua incolumità e per quella del suo nucleo familiare, si è recata in Commissariato, dapprima manifestando la sua intenzione di recedere dalle accuse e, successivamente, raccontando ai poliziotti del suo calvario.

“Se non ritiri la denuncia, dallo Zen ve ne potete andare, perché vi occuperemo la casa e vi renderemo la vita impossibile”, questo il refrain ripetuto nel corso degli anni alla donna dal nucleo familiare avverso che, talvolta accompagnato da minacce, uso di spranghe ed armi, ha letteralmente gettato la vittima ed i parenti conviventi in uno stato di angoscia e prostrazione.

I familiari dell’arrestato e l’arrestato stesso, con le buone o con le cattive, le hanno provate tutte nel corso degli anni, operando una incalzante pressione sulla donna, in una circostanza, presentandole addirittura una dichiarazione già precompilata di ritrattazione delle precedenti accuse che la vittima ha rifiutato di firmare.

Ieri, ad arresto eseguito, implacabile, la vendetta non si è fatta attendere e si è manifestata, dapprima con i pesanti danni strutturali ed agli arredi arrecati all’immobile e, successivamente, proprio quando la donna con i suoi parenti si trovava in Commissariato per denunciare le malversazioni subite, con l’occupazione abusiva dello stesso alloggio da parte di una coppia di coniugi apparentemente estranei alla vicenda.

Nei confronti degli arrestati, quattro congiunti del condannato e la coppia di coniugi che ha occupato abusivamente l’alloggio, tutti sottoposti agli arresti domiciliari, è stata disposta anche la prescrizione del divieto di comunicazione con persone diverse da quelle con loro conviventi.

Le vittime sono state invece accompagnate dai poliziotti in località diversa, da loro stessi indicata, ove poter dimorare in condizioni di massima sicurezza.

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