La banda del motorino

Redazione

Cronaca

La banda del motorino
Messi a segno 3 furti in un giorno a Cefalù

18 Gennaio 2016 - 00:00

Tre palermitani, due donne (S.R. di 56 anni e M.A. di 43 anni) e un uomo (S.D. di 34 anni) la scorsa estate hanno messo a segno a Cefalù una truffa a danno di alcuni rivenditori di auto e bici elettriche. A dare il via al “colpaccio” le due donne, di cui M.A. definita “molto avvenente” dalle vittime del furto. Con modi accattivanti, S.D. si mostrava interessata all’acquisto di un ciclomotore e, pochi giorni dopo, un sabato, in compagnia della zia (S.R.), ritornava presso l’esercizio commerciale concretizzando l’acquisto di un ciclomotore marca “Kimko” modello “Like” 125 cc. per la somma di € 2000,00. Unico vincolo posto però dalle acquirenti, che facevano leva su una superficiale conoscenza, doveva essere l’immediata immatricolazione del mezzo, pratica che effettivamente il commerciante definiva in giornata. Nel corso della stessa mattina le due donne ritornavano presso l’esercizio e ritiravano il loro acquisto pagandolo con un assegno. Per il ritiro del mezzo le due donne si presentavano in compagnia del compagno, anche lui conosciuto a Cefalù perchè venditore ambulante. Il tempo di andare ad incassarlo ed il commerciante scopre l’amara sorpresa: l’ assegno era tratto su un conto corrente privo di fondi.  La zia S.R. aveva firmato l’assegno fornendo quale garanzia la copia della propria carta d’identità, ma, ovviamente, come era anche prevedibile, aveva fatto perdere le proprie tracce abbandonando il vecchio domicilio da diversi anni ed ormai meta di “pellegrinaggio” da parte dei diversi creditori e truffati dell’ultima ora, nel tentativo di rientrare in possesso di quanto ceduto. Intanto si scopriva che gli stessi soggetti avevano commesso ben altre due truffe analoghe e sempre a Cefalù in danno di altrettanti commercianti del settore.

Secondo la ricostruzione effettuata dagli uomini diretti dal Vice Questore Aggiunto Manfredi Borsellino, quella stessa mattina, mentre zia e nipote perfezionavano l’acquisto presso il primo punto vendita, l’uomo contrattava il prezzo di una bicicletta elettrica presso un'altra rivendita.

Proprio nel periodo compreso fra la contrattazione e l’immatricolazione le due donne si sarebbero spostate nel nuovo negozio, già “visitato” dall’uomo, e mentre stavano acquistando la bicicletta elettrica si mostravano interessate all’acquisto di un altro ciclomotore, acquisto che poi perfezionavano alle stesse identiche condizioni poste al primo rivenditore, ovvero immatricolazione immediata e pagamento con assegno.

 Avveniva così che mentre il secondo rivenditore provvedeva ad immatricolare il nuovo ciclomotore, il trio, zia nipote e compagno di quest’ultima, ritornava dal primo, ritirava il mezzo e poi, per “ottimizzare” il tempo ritornava a ritirare quanto ordinato dal secondo. Insomma, in una mattina due rivenditori di moto truffati dalle stesse persone, con le stesse modalità.

Partono quindi gli accertamenti e si scopre che da quel libretto erano stati “staccati” assegni per acquistare lampadari, monili e beni per la casa ed ancora un altro motociclo presso un rivenditore del palermitano. L’abitazione della giovane donna e del suo compagno viene sottoposta a perquisizione, l’uomo intanto scontava gli arresti domiciliari per altre vicende.  Di tutto il malloppo si rinveniva soltanto un motociclo che,  se pur in condizioni diverse dal nuovo, è stato restituito all’originario rivenditore, il titolare di “Tuttomoto” con sede a Cefalù in via Vazzana, che, grazie alla sua tempestiva querela, aveva dato un contributo determinante al buon esito delle indagini. Gli altri mezzi, soprattutto le biciclette elettriche (prive di immatricolazione e quindi più facilmente “riciclabili”) erano stati già rivenduti alimentando il florido mercato clandestino dei mezzi a due ruote e dei relativi ricambi.

 Le indagini non sono concluse in quanto si stanno esaminando le negoziazioni degli assegni di un nuovo carnet tratto su un nuovo conto corrente che era in uso alla “banda dei motorini”. I tre malfattori sono stati indagati in stato di libertà e deferiti all’autorità Giudiziaria di Termini Imerese.

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