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La nipote di Mubarak e la Notte della Seconda Repubblica

Nelle scorse settimane la sentenza di assoluzione nel secondo grado di giudizio dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel processo Ruby, ha rispolverato vecchie contrapposizioni che sembravano quasi sepolte dalla polvere Renziana. C’eravamo quasi dimenticati delle toghe rosse, del bunga bunga e della nipote di Mubarak. Oggi ritornano in mente quei giorni roventi, in cui Mentana sfornava uno Speciale alla mattina e uno alla sera, Santoro costruiva i dialoghi tra la Minetti ed Emilio Fede nei talk-show serali, Bruno Vespa, coerentemente, si dedicava al delitto del momento, con tanto di plastico e di dichiarazione shock della psicologa in minigonna. Intanto lo spread cresceva, assieme alla febbre da drive in, e gli Italiani si dividevano tra liberali, libertari, bigotti e moderati. Troppo lungo sarebbe il discorso sull’etica politica, sulla sentenza di assoluzione, sul giudizio strettamente politico di quella vicenda e sullo stato della giustizia Italiana.

Al netto di tutto ciò, però, quella vicenda riapre una ferita difficilmente rimarginabile nei pensieri e nelle intenzioni di tutti noi. La votazione della Camera a favore della tesi che “la telefonata da parte di Berlusconi alla questura fosse una telefonata istituzionale in quanto, a giudizio dell’allora Presidente del Consiglio, Ruby fosse la nipote di Mubarak” è di gran lunga il lascito più pesante da gestire. La gravità di quella votazione fu nell’istituzionalizzazione di una bugia spudoratamente, appunto, bugiarda, rendendola Legge attraverso l’Organo deputato alla costruzione del Diritto. Quello fu l’emblema dello stato di cose del momento, di un’ubriachezza in cui tutto il Paese sguazzava, di una situazione culturale e sociale ai limiti del degrado, dove il proprio interesse rendeva calpestabile e maneggiabile l’Organo più alto dello Stato democratico Costituzionale.

La mancanza di senso del pudore, di ritegno, di scrupolo espressa in quella votazione, fu il punto più alto, o più basso, di quegli anni, la dimostrazione più lampante dell’arretramento culturale, politico e sociale di un sistema arrivato all’implosione. Un arretramento se paragonato al contesto politico precedente, il quale, pur dovendo fare i conti con i propri difetti, le proprie collusioni, i propri compromessi pur di mantenere un apparato di potere pseudo-scientifico, poteva contare su qualcosa che oggi nel Paese si ha difficoltà a riscontrare: il senso dello Stato, il senso del Bene comune, il senso della collettività, il senso di pudore del potere, e tanto altro, corollario di un’idea della politica ben più alta di un semplice interesse particolare.

 Se Sergio Zavoli, nel suo capolavoro giornalistico, catalogava gli anni 70’-80’, anni di terrore e morte, come gli anni de “La Notte della prima Repubblica”, quella votazione fu la Notte della Seconda Repubblica, la più alta rappresentazione di un sistema sociale e politico che, si spera, verrà cancellato dalla nostra generazione.

 

Ci vediamo ogni Domenica nella rubrica di Madoniepress “E chi fa???”. Per precisazioni, commenti, spunti e altro, scrivere a gabrielescavuzzo@libero.it.

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