Le mani di Cosa Nostra sulla metanizzazione della Sicilia

Redazione

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Le mani di Cosa Nostra sulla metanizzazione della Sicilia
Operazione delle Fiamme Gialle: sotto sequestro beni per 48 milioni di euro

18 Gennaio 2016 - 00:00

 

Un ingente patrimonio costituito da società, attività commerciali, immobili di pregio e disponibilità finanziarie, del valore complessivo di circa 48 milioni di euro, è stato sequestrato dalla Guardia di Finanza di Palermo in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo su proposta della locale Procura della Repubblica. Il sequestro è la risultante di un’articolata attività di indagine svolta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, su delega e sotto la costante direzione del Procuratore Aggiunto, Dott. Vittorio Teresi e del Sostituto Procuratore della Repubblica, Dott. Dario Scaletta, che ha fatto emergere le infiltrazioni di “Cosa Nostra” e dei suoi leader storici, fra cui Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Matteo Messina Denaro, negli affari delle società appartenenti ad un gruppo imprenditoriale che ha curato, a cavallo fra gli anni ’80 e ’90, la metanizzazione di diverse aree del territorio siciliano. La repentina crescita del gruppo, costituito negli anni ‘80 da un dipendente pubblico, è stata facilitata dalla protezione dell’organizzazione di “Cosa Nostra” e ad appoggi politici – in particolare dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. A dimostrazione del “patto” anche le univoche dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia – fra cui Giovanni Brusca, Vincenzo Ferro, Antonino Giuffrè – e il contenuto di alcuni pizzini sequestrati nel tempo a “boss” mafiosi. Sono stati esaminati decine di contratti di appalto e sub appalto per risalire agli interessi mafiosi che si sono celati dietro l’esecuzione di lavori connessi alle opere di metanizzazione. Nel 2004 gli eredi del gruppo imprenditoriale avrebbero tentato di “ripulire” l’immenso patrimonio accumulato illegalmente attraverso la vendita dell’intero pacchetto azionario e del patrimonio delle società, per un corrispettivo di circa 115 milioni di euro, con la conseguente costituzione di nuove società, l’avvio di fiorenti attività commerciali e l’acquisto di beni immobili e rendite finanziarie. Tentativo andato a vuoto dato che la Procura della Repubblica di Palermo ha richiesto ed ottenuto, dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale del capoluogo siciliano,  il sequestro dell’intero patrimonio “ripulito”, quantificato in 48 milioni di euro.  Tra i beni in sequestro, in Sicilia e Sardegna, società immobiliari e di produzione di metalli preziosi, imprese agricole, attività commerciali di prodotti petroliferi, combustibili ed oggetti d’arte, appartamenti, uffici, locali affittati ad importanti aziende e catene commerciali – molti dei quali situati nel centro di Palermo – immobili di pregio, amplissimi locali commerciali, opifici industriali, autorimesse, magazzini e disponibilità bancarie.  

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