Liberi consorzi: addio alle Madonie

Michele Ferraro

Editoriale

Liberi consorzi: addio alle Madonie
A rotta di collo verso la disidentità territoriale

18 Gennaio 2016 - 00:00

Il pasticciaccio brutto della riforma delle Province, già nato con più di un difetto, sta lentamente diventando un mostro. La maggioranza che dovrebbe sostenere il governatore Rosario Crocetta, e la sua ipotesi di riforma, nei fatti non esite più. Solo nel mese di febbraio è andata sotto ben 5 volte, facendo perdere del tutto quella visione d'insieme, a dire il vero già male abbozzata, che legava fra loro le varie parti di una riforma potenzialmente pericolosissima. L'unico dato certo è che ormai la Sicilia (e non solo) rischia di perdere l'ennesima opportunità offerta dall'Europa, ossia l'attivazione di specifici (e cospicui) canali di finanziamento riservati alle Città Metropolitane. Ciò per un concorso di colpa nazional-regionale. Se da un canto il Bel Paese si appresta a fare l'ennesia figuraccia internazionale, presentando sul tavolo di concertazione europea la bellezza di 20 nuove Città Metropolitane (al momento in Europa ce ne sono 10, fra cui Parigi, Londra, Madrid, Barcellona, Berlino, mentre l'Italia intende presentare fra le altre: Reggio di Calabria, Salerno, Brescia, Bergamo, Messina e Trieste); d'altro canto bisogna considerare il vicolo cieco in cui si è andato a cacciare il Governo Crocetta che, dopo aver scelto la strada del braccio di ferro all'ARS, si è accorto di non avere numeri sufficienti in aula per portare a compimento la riforma. Il pasticcio è servito.

Quanto ai liberi consorzi la situazione è ancora più complessa! Nessun fondo previsto, solo ulteriori carichi di spesa per i comuni che ne faranno parte, competenze confuse e talvolta sovrapposte con quelle che dovrebbero andare, secondo il disegno nazionale, alle Città Metropolitane. A lume di naso, ciò che si può vedere al momento è soltanto la sagoma di decine di nuovi enti che complicheranno ulteriormente la non facile situazione dei comuni e aumenteranno vertiginosamente i centri di spesa. Altro che semplificazione.

Purtroppo, a farne le spese, sarà anche il nostro territorio che, costretto a seguire l'imperscrutabile strada intrapesa dal Governo Crocetta, ha tentato di abbozzare una fantasiosa ipotesi di Libero Consorzio, nel disperato tentativo di raggiungere quota 150.000 abitanti. Elastico alla mano sindaci ed amministratori madoniti, assisititi dai vertici delle agezie di sviluppo locale (SoSviMa e Imera Sviluppo) hanno cercato di estendere quanto più possibile il territorio del “papabile” consorzio “Madonie – Termine ecc. ecc. ecc.” riuscendo a raggiungere, con un elastico teso fino allo stremo, la ragguardevole cifra di 162.704 abitanti. Certo, è stato necessario abbracciare realtà territoriali diverse (Santo Stefano di Camastra, Motta D'Affermo, Roccapalumba, Caronia, Capizzi, Sperlinga, Mistretta, Tusa, Pettineo e Reitano), ciò a scapito di quella identità territoriale richiamata con forza, recentemente, da sindaci e “giovani amministratori madoniti”. Ma siamo seri, qui si tratta di gestire i futuri enti intermedi, con il codazzo di posizionamenti politici che ne conseguono, altro che identità!

Peccato che l'approvazione dell'emendamento all'art. 2, proposto dall'opposizione ed approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana, ha portato a 180 mila abitanti il limite minimo per costituire un consorzio. Risultato: l'elastico si è spezzato. E non sarà facile trovarne un'altro più robusto, dato che il nostro comprensorio è praticamente circondato dalle pressioni degli altri costituendi consorzi dei comuni, come quello di Enna ad esempio, che regge a mala pena il limite dei 180 mila abitanti e non sarà certo in vena di regali e concessioni territoriali ai possibili consorzi contigui. Altrettando dicasi sul versante Termitano, dove incombe il fagocitante mostro della Città Metropolitana di Palermo.

Che ne sarà dunque del futuro di questo territorio? Quali strade percorreranno le politiche comprensoriali e chi detterà la strada? Le Madonie potranno ancora svolgere un ruolo attivo nella programmazione socio – politica, o si troveranno impovvisamente ad essere eterodirette, dopo aver conquistato a fatica, in oltre 30 anni di lavoro, un solida legittimazione territoriale.

Si cominciò con il Parco, nel 1989. Una gestazione difficile che però nel tempo ha svolto un ruolo determinante nella condivisione di politiche territoriali. Grazie soprattutto al Consiglio dei sindaci del Parco delle Madonie che, per la prima volta, metteva sistematicamente insieme i rappresentanti di 15 municipalità madonite. Mese dopo mese, anno dopo anno, da quel Consiglio è nata la consapevolezza di dover lavorare insieme per le Madonie, abbandonando i campanilsmi. Oggi quella esperienza sembra rimossa e dimenticata. L'Ente Parco lentamente muore, privo di vertici e di bilancio, ma tutto tace. Non un sindaco che si levi per gridare allo scandalo. Sembra sia già stato superato. Basta dare uno sgurado veloce alla ipotesi di governance abbozzata per il futuro (e già passato) Libero Consorzio: al centro la Città a Rete Madonie-Termini, intorno il Pist, il Gal, il Distretto Turistico (ammesso che resista alle bufere di questi mesi) mantengono, a buona ragione, una loro identità e dignità, mentre l'Ente Parco delle Madonie non esiste più, superato da un anonimo “Sistema integrato del Parco delle Madonie e degli ambiti archeologici e naturalistici”. E' davvero questa la strada che si vuole percorrere? Se si; se non ci sono alternative alla muta accondiscendenza ad una riforma già zoppa; se non c'è la forza di rilanciare il dibattito politico mettendo in discussione l'intero impianto di questo grande bluff, almeno si abbia la decenza di non parlare più d'identità territoriale.

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