Scillato, la metafora di una Sicilia che non va

Redazione

Editoriale

Scillato, la metafora di una Sicilia che non va
L’incuria e lo spreco fanno franare anche le speranze

18 Gennaio 2016 - 00:00

di Nino Emilio Borgese

A poche centinaia di metri dal pilone dell'A19 che ha ceduto sotto la spinta di 4 milioni di metri cubi di terra franata, si trova la “Sorgiva” di Scillato che manda acqua a Palermo da più di un secolo attraverso due acquedotti, uno ora dismesso inaugurato nel 1896, e l'altro realizzato qualche decennio fa. Una frana, sempre una frana, nei pressi di Cerda tre anni fa ha danneggiato quest'ultimo acquedotto e un operaio ha perso la vita nel tentativo di otturare la falla. Da tre anni l'acqua oligominerale di Scillato che, come scritto in relazioni tecniche dell'Amap, che gestisce l'acquedotto, serve anche per miscelarla, con l'acqua, leggermente salmastra, che proviene da Presidiana (Cefalù) e con l'acqua della diga Rosamarina di Caccamo, migliorandole, viene buttata nel fiume Imera. Una tale, grande, risorsa, 700/800 litri di acqua al secondo, viene sprecata nell'era della, tanto decantata a parole, spending review, perché la Regione non trova 5 milioni di euro che servono per riparare l'acquedotto. La stessa Regione che riesce a spendere solo una parte risibile dei fondi che ci vengono assegnati dalla Comunità Europea e che, non spesi, ritornano a Strasburgo per essere assegnati a nazioni più virtuose.

Scillato, in questo momento, tra il pilone autostradale e l'acqua della sorgente, è la metafora della Sicilia, di che cosa è oggi la Sicilia, e dei limiti, colpevoli e gravissimi, della politica regionale che fanno temere fortemente per il futuro della nostra Isola.

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