Scorie radioattive nelle Madonie? Preoccupazione per la nuova guida dell’ISPRA

Michele Ferraro

Cronaca

Scorie radioattive nelle Madonie? Preoccupazione per la nuova guida dell’ISPRA
Nuova localizzazione dei depositi nucleari. Parte del territorio è salvo grazie al Parco

18 Gennaio 2016 - 00:00

Aggiornamento del 16 giugno 2014 – Dopo la pubblicazione della guida dell'Ispra sui nuovi criteri di esclusione per l'individuazione dei siti idonei ad ospitare scorie nucleari, arriva un lungo comunicato di Legambiente Sicilia che riprende con vigore un vecchio argomento sul quel non sie mai fatta sufficiente chiarezza. Si tratta dello scandalo delle discariche sotterranee. In particolare vengono chiamate in causa apertamente sei ex miniere che in Sicilia sono sospettate di contenere rifiuti tossici: quella di Pasquasia (Enna), le ex cave di Bosco (San Cataldo) e Raineri (Mussomeli), quelle di Ciavolotta (Agrigento) e San Giuseppe (fra Melilli eAugusta). A contenere materiale altamente inquinante ci sarebbe anche un lago, il Soprano di Terradifalco, in provincia di Caltanissetta. Proprio nel Nisseno, nell’area compresa tra e due cave di San Cataldo e Mussomeli e il lago Soprano, il registro dei tumori indica un’incidenza sulla popolazione del 43 per cento. Nella stessa zona, il rischio di insorgenza di tumori al polmone sarebbe del 69 per cento. Nei cunicoli delle miniere, per Legambiente sarebbero nascosti ogni tipo di veleni. Nessun riferimento nel rapporti di legambiente alle cave dismesse di Petralia Soprana, indicate in passato come “siti sospetti”

Del resto quella del “riutilizzo” delle cave dismesse è storia conosciuta fin dal 1992 quando il pentito Leonardo Messina, fedelissimo del boss Piddu Madonia e caposquadra nella miniera di Pasquasia, raccontò al giudice Paolo Borsellino che «Cosa nostra aveva usato regolarmente, a partire dal 1984, le gallerie sotterranee per smaltire scorie nucleari» Se solo quella di Pasquasia non è dato sapere. Dichiarazioni che sarebbero state confermate nel 1997 dall’ex camorrista Carmine Schiavone: «Il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania», ha detto l’uomo ai magistrati. «A oggi sulle miniere trasformate in discariche di rifiuti non c’è nulla di ufficiale – si legge nel report 2014 – A parte il ritrovamento di enormi quantità di amianto all’interno della miniera di Pasquasia». E pure nell’opera di bonifica avrebbe trovato spazio la malavita organizzata: «Nel marzo 2014 la direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, sospettando che i materiali provenienti dalla bonifica venissero smaltiti illegalmente, ha bloccato e sequestrato a Catania cinque tir carichi di amianto proveniente proprio dalla miniera».

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E’ stata appena pubblicata la nuova guida dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) che, fra criteri di esclusione e di idoneità, traccia in sostanza una mappa delle aree candidate ad ospitare i nuovi depositi nucleari di superficie.

Si stima che in Italia ci siano 25 mila metri cubi di scorie radioattive da smaltire ma, fino ad oggi, nessuna ha osato dire con chiarezza dove questi depositi devono essere realizzati.

Un decisivo passo avanti lo ha fatto proprio l’IPSRA con la guida tecnica n° 29, pubblicata nel sito dell’istituto lo scorso 4 giugno.

Esaminando i contenuti della guida si può ricavare, per esclusione, una mappatura abbastanza dettagliata dei territorio candidati ad ospitare le “pattumiere radioattive”.

Osservando i criteri adottati dall’ISPRA rimangono fuori dalla pericolosa mappa innanzi tutto le aree vulcaniche e quelle caratterizzate dalla presenza di attività sismica. Esclusi anche i territorio che hanno ospitato, anche in passato, fenomeni di fagliatura e tutte le aree comunque considerate a rischio idrogeologico.

Fuori pericolo anche tutte le aree del paese poste al di sopra dei 700 metri slm e quelle che, a prescindere dall’altitudine, presentano una pendenza superiore al 10%. Salve anche le zone litoranee, fino a 5 km di distanza dalla costa, e quelle poste ad una altitudine inferiore a 20 metri slm.

Da questi primi criteri si evince come parte del territorio madonita rientri nei criteri di esclusione, salvandosi quindi dal rischio di dover ospitare scorie radioattive. Le aree montane, poste sopra i 700 metri slm e il litorale tirreno sono “ufficialmente” fuori pericolo, così come quelle aree del nostro territorio contraddistinte dalla presenza del rischio idrogeologico.

Ma rimane una larga fetta del comprensorio, che va da Termini Imerese fino ai confini con la provincia di Messina, oltre alle are interne vicine al nisseno, ancora esposto al rischio nucleare. La preoccupazione aumenta considerato anche quanto dichiarato da alcuni esperti, fra i quali anche Gianni Lannes che individuano in Sicilia, Sardegna e Basilicata le tre regioni a maggiore rischio. In particolare per la Sicilia è chiaro il riferimento alle zone interne caratterizzate da una passa incidenza antropica.

Sono stati proprio questi ultimi due elementi a nutrire il sospetto che proprio le Madonie potessero essere considerate “zone idonee”.

Andando avanti con i criteri di esclusione però ci si accorge come un’altra buona parte del comprensorio è salva. Quella che, pur non rientrando fra i precedenti criteri, è comunque compresa nel territorio del Parco Regionale delle Madonie. Tutte le aree naturali protette infatti sono di per se escluse dalla ipotesi di poter ospitare depositi di rifiuti nucleari.

Escluse anche tutte le zone limitrofe ai centri abitati e le aree poste ad una distanza inferiore ad 1 km da ferrovie, autostrade e strade principali (come le statali o le provinciali). La guida dell’ISPRA fa salve anche le zone archeologiche, i luoghi di interesse storico e le aree caratterizzate da produzioni agricole di elevata qualità.

Fatto salvo quindi tutto il territorio del Parco delle Madonie, le zone costiere e quelle sopra i 700 metri slv, le aree a rischio sismico o idrogeologico e le zone di interesse archeologico, rimane scoperta, e dunque esposta al pericolo di dover ospitare depositi nucleari, una parte considerevole del territorio.

Non rimane che aspettare i prossimi passaggi. Pubblicata la guida da parte dell’IPSRA adesso la palla passa dalla scienza alla politica. Sarà il governo a dover esaminare i criteri esposti dall’istituto di protezione e ricerca ambientale e decidere dove realizzare i nuovi depositi.

Si annunciano tempi lungi e battaglie campali. Intanto 25 mila metri cubi di scorie nucleari continuano a giacere in decine di “depositi temporanei” sparsi per il “bel paese” in attesa di conoscere la loro ultima destinazione.

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