Palermo e la luce, la Capitale torna a splendere

Marianna Lo Pizzo

Eventi

Palermo e la luce, la Capitale torna a splendere

01 Aprile 2017 - 11:02

Non è anticipo del caldo estivo, Palermo conosce bene quella luce che passa sulle balate, e quando i pescivendoli finiscono il loro turno di lavoro, le balate brillano ancora di più perché l’acqua scivola, e puoi scivolare anche tu se non ti afferri ad una pietra che conosci, ad un luogo che sa di essere dalla tua stessa parte.

In questi giorni la luce si svela anche agli occhi dei miscredenti, di coloro i quali non si sono accorti della vita che attraversa il mercato. Sì quello del capo, quello che quando Porta Carini si chiude alle tue spalle è il mondo della luce e del colore, lo scrigno segreto che turisti a maniche corte in pieno dicembre seguono con il fiuto di un setter da caccia, macchine fotografiche al collo, capobranco con ombrello sollevato per non disperdersi.

Si svela per una sfilata internazionale, tra incredulità e sarcasmo, per uno shooting in pieno centro in cui gli stilisti, che per primi hanno utilizzato il brand Sicilia in tutto il mondo, e che hanno creduto nel forte potere immaginifico dell’isola, ritornano alla casa madre. È un tripudio, una festa, un riconoscersi reciproco che forse solo a Napoli ha avuto la stessa enfasi. Solo ora fioccano le notizie in cui Palermo fa il boom di visite nei week-end di Pasqua, supera le grandi città europee e le sue cattedrali diventano location di passaggi internazionali. Una visione di questa città, con le sue cattedrali comprese quelle di Monreale che i due stilisti hanno avuto già da molti anni. Chi si stupisce allora è perché non ha visto abbastanza lontano.

E’ difficile guardarsi dall’alto, rivolgersi uno sguardo da fuori. Dentro la luce sulla balate ci sono secoli di storia misconosciuta che vibra. Accade raramente che nel passaggio fino a Porta Carini ci si fermi e poi è normale poggiare un passo davanti all’ altro e comprare il pesce, ma il pesce di Palermo non si trova in altri luoghi, e il barbiere con il suo salone vintage, non perché fa moda ma perché è lo stesso da cinquant’anni e che taglia i capelli al bimbo indiano urlante sulle braccia della madre, non è un set studiato, è la natura del Capo.

Non te ne accorgi se non lo attraversi in un altro modo, forse il modo con cui lo hanno visto Stefano e Domenico, uno milanese, l’altro madonita, siciliano. Dolce e Gabbana. Forse è lo stesso modo gioioso che hanno indicato alle bellissime modelle che intonavano la tarantella con le mani verso il cielo, ammiccanti, fasciate di oro e luce. Sono abituati gli abitanti del Capo ai turisti, al passaggio, a recitare la loro parte i venditori della storia, sanno già che insieme al pesce devono esibire il loro volto, che un braccio scoperto e le mani indurite dal lavoro sono l’attrattiva di un mondo lontano. Insieme agli stilisti hanno riconosciuto, quello che a molti è rimasto in ombra.

Che sotto ai piedi esiste sempre una terra di cui andare orgogliosi, che poteva essere riconosciuta già prima nelle azioni oltre che nelle parole. Adesso che le distanze si accorciano, che il sorriso quel pescivendolo sa di essere immortalato per sé e la sua storia,per una questione di riconoscenza, per aver mantenuto l’immagine del Sud vero, oltre i riflettori, nella luce della sua terra.

Altre notizie su madoniepress

Autorizzazione del Tribunale di Termini Imerese N. 239/2013

Direttore Responsabile Giorgio Vaiana

Condirettore Responsabile Michele Ferraro

redazione@madoniepress.it