In questi giorni di feste di Natale abbiamo incontrato Giusi Manuele, medico chirurgo specializzato in Endocrinichirurgia, medicina Omeopatica e Agopuntura, che risponde ad alcune domande su alimentazione e produzione locale.
Dottoressa, nel convegno di qualche settimana fa a Gangi, abbiamo anticipato e placato le ansie per le grandi festività che ci attendono.
“Possiamo considerarci fortunati, vivendo sulle Madonie, per la qualità dei nostri prodotti e per la possibilità di usufruire davvero di alimenti a “km 0”. Un “km 0” che rischia di diventare una moda, come molte ce ne sono ormai a diffusione social, e soltanto a rischio del consumatore. Viviamo in un angolo del pianeta terra dove l’inquinamento ambientale si limita a quello atmosferico, che è incontrollabile, dato da gas di scarico di aerei, automobili e fabbriche, ma ancora molto contenuto. Certamente in aree industrializzate o a rischio di forte contaminazione il “km 0″ non ha senso. Qui da noi, ripeto, mangiare una mela dell’Etna appena raccolta che non ha viaggiato in una cella frigo per 10 giorni, o mangiare l’avocado coltivato a Giarre e a Noto o nel mio giardino, le assicuro che ha altro sapore di quello che arriva dalla Nuova Zelanda. La coltivazione biologica con il rispetto della stagionalità in pieno campo senza fertilizzanti e fitofarmaci, la possibilità di consumarli appena raccolti fa la differenza. Mangiare pane o pasta o dolci impastati con farine locali e integre hanno non solo il sapore ma anche un apporto nutrizionale che ci annovera tra i “fortunati”. I nostri enzimi fanno meno fatica a digerire ciò che conoscono da ciò che non è geneticamente registrato e quindi non conoscono”.
Quindi possiamo facilmente utilizzare e beneficiare della farina di grani antichi prodotta nei nostri territori, ma anche di quella che ritroviamo come ingrediente della catena della grande distribuzione. Possiamo fidarci anche in quel caso?
“La farina che si ottiene dalla macinazione di grano antico come Nero delle Madonie, Bidì, Russello Timilia, si differenziano dalle farine commerciali per tanti fattori. I grani antichi hanno un contenuto di glutine che varia dal 3,5 al 5%, le farine commerciali hanno dal 21 al 25 % di glutine e il nostro intestino non ha idea di come possa eliminarlo. Nella nostra società il numero di persone intolleranti al glutine cresce sempre più la ragione sta nell’aumento della percentuale di glutine; l’intolleranza al glutine è data proprio dall’aumento della percentuale di glutine contenuto nel grano industriale. Questi grani non contengono glifosato. Abbiamo tutti seguito la diatriba del Parlamento Europeo indirizzato a bocciare l’uso del glifosfato che invece la Germania ha voluto, vincendo la partita, consentendo non solo l’impiego nei paesi Europei ma anche l’importazione di grano dal Canada che matura non con il sole ma con piogge di glifosato, molecola tossica soprattutto per il nostro sistema endocrino. Il chicco di grano viene macinato intero senza esser privato della parte gelatinosa dove è contenuta la componente proteica nutrizionale del grano, le farine commerciali a lunga conservazione mancano di questa componente proteica. Generalmente l’indirizzo è quello di consumare quindi le farine di cui si conosce la provenienza. Favorire la nostra economia credo sia un ulteriore vantaggio per tutti noi “.
Perché a volte decidiamo di affidarci ai regimi alimentari che ritroviamo sui social e non ci affidiamo a professionisti del settore? Il meccanismo di condivisione facilita la diffusione di regimi alimentari che possono essere indicati come “bufale”. Non è rischioso e pericoloso?
“Le ragioni sono molteplici. Scegliere una dieta social è più economico e oggi tutti vorremmo non spendere.
Scegliere una dieta social è aggregante in una società in cui la solitudine cresce. Ma le assicuro che i pazienti che scelgono di seguire un regime alimentare perché affetti da una patologia importante non scelgono la social-dieta”.
Acquistare qualità e sicurezza del prodotto é un consiglio quindi per il consumatore che può facilmente comprare nelle aziende locali, piuttosto che utilizzare prodotti surgelati e a basso costo che però nascondono insidie più importanti per il futuro?
“La qualità è un elemento essenziale non importa quanto mangio ma che cosa mangio. E noi possiamo ancora permettercelo. La Dieta Mediterranea è patrimonio culturale immateriale dell’Unesco non senza un ragione. Nutriamoci con prodotti sani ricchi di vita. Così anche le nostre Feste saranno al sicuro e senza sprechi inutili”.