Lo chiamavano “Tom” ed aveva una marcia in più

Michele Ferraro

Cronaca

Lo chiamavano “Tom” ed aveva una marcia in più

30 Agosto 2018 - 19:37

La solitudine è stata la sua compagna. Ma per chi sapeva come prenderlo era un uomo di grande giovialità ed indiscutibile carisma. Nino ha vissuto tutta la sua vita nella Piazza di Gangi e la Piazza ha vissuto in lui.

Per migliaia di persone venute da ogni parte del mondo, la Piazza ha avuto la sua voce. Se c’era un avventore a camminare incuriosito fra i vicoli del borgo antico lui gli si faceva vicino ed in silenzio si accostava.

Se ammirava la maestosità della Torre Campanaria, lo invitava ad osservare i dettagli, così gli raccontava la storia del simbolo dei Cavalieri di Malta e di come fosse finito lì. Sarebbe cominciato così un viaggio dentro ad ogni pietra, ad ogni storia custodita da questo paese, arroccato sul monte Marone, che da Nino ha avuto molto più di quanto gli ha saputo tornare indietro.

Generoso, spigoloso, ma soprattutto curioso. E’ stata la sua curiosità a renderlo uno dei più raffinati conoscitori della storia locale, in perenne conflitto con gli storici del passato e del presente. A torto o a ragione poco importa perché, senza lauree e diplomi una cosa Nino l’aveva capita: la necessità di mettere in discussione tutto, sempre, per andare avanti.

Lo chiamavano “Tom” ed aveva una marcia in più, anche quando camminava. In giro per le campagne madonite, ricchissime di aree di interesse archeologico, lasciava i più giovani indietro già dopo la prima mezz’ora e spazientito aspettava.

Appoggiato su un ramo di ferula ha aspettato sul fianco scosceso di Monte Alburchia l’archeologo Vincenzo Tusa. Ha aspettato il medico Santo Naselli e l’ispettore Domenico Ferraro, suo affezionatissimo amico.

Ha aspettato la scrittrice Giuseppina Torregrossa, che apprezzandone l’intelligenza lo scelse come guida personale.

Ha aspettato Wim Wenders per giorni interi, fra i vicoli e le campagne di Gangi. E’ stato il suo più stretto collaboratore nei giorni in cui si girava “Palermo Shooting”. Quando il regista lo avvicinò per proporgli un contratto, per ripagare con il denaro quei giorni spesi senza sosta, si dileguò borbottando chissà che cosa. Era fatto così Nino. Le cose le faceva solo se le voleva fare ed il tempo che dedicava agli altri lo regalava così, per il piacere di farlo.

Condannato da un male incurabile ha aspettato anche la morte e, se chi scrive solo un po’ lo ha conosciuto, avrà dovuto lamentarsi anche con lei per l’attesa, perché fermo Nino proprio non ci sapeva stare.

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