Cronaca

“Solo un commissario può salvare la Blutec dal fallimento”

La situazione è davvero complessa. E la tragedia sociale è davvero ad un passo. La Blutec è sull’orlo del fallimento. Niente concordato preventivo. Ora per la società di Roberto Ginatta rimane solo la strada dell’amministrazione straordinaria. Un percorso già iniziato per volontà dell’amministratore giudiziario, Giuseppe Glorioso. Strada che permetterà di evitare la chiusura del gruppo dell’indotto auto. Il ministero dello Sviluppo Economico in queste ore sceglierà il commissario che dovrà garantire la continuità, far uscire dalle sabbie mobili la società. Almeno queste dovrebbero essere le priorità. Ma il quadro rimane complesso.

Lo scorso 3 ottobre al ministero, Glorioso ha fatto il bilancio della società. In cassa ci sono solo 18 mila euro, 250 cause in corso, nessun programma di manutenzione degli impianti, prescrizioni degli ispettori del lavoro e della Asl, tre istanze di fallimento, dal 2017 nessun contributo Inps versato. E poi ci sono i debiti, per Ingegneria Italia 58 milioni e 700 mila euro, mentre per Blutec oltre 356 milioni 770 mila, e le perdite, rispettivamente 17 e 130 milioni. Una situazione che non ha permesso, per la rigidità della procedura e il rapporto tra gli asset da valorizzare e i debiti, di accedere al concordato nell’udienza al tribunale fallimentare di Torino. Escono quindi di scena i tre commissari giudiziari che erano stati nominati dal presidente della sezione fallimentare Vittoria Nosengo: Alessandra Giovetti, Maurizio Gili e Paolo Cacciari.

“Ora il Mise dovrà nominare il commissario straordinario che manterrà in esercizio la Blutec e valuterà l’eventuale dismissioni di rami aziendali per garantire la sopravvivenza delle attività – spiega Cacciari a Repubblica – Sul sito del ministero dello Sviluppo Economico già è stato lanciato il bando per la ricerca dei professionisti, da uno a tre, che assumeranno il governo delle società del gruppo”.

Il gruppo a livello nazionale conta 1.192 dipendenti. Di questi poco più di 300 nei siti piemontesi tra il quartier generale di Rivoli, gli stabilimenti di Borgaretto e Asti. Poi ci sono i siti di Atessa e Tito Scalo, dove ci sarebbe una disponibilità all’affitto del ramo di azienda per garantire la continuità della produzione, e poi Termini Imerese. Stabilimento “ereditato” dopo la chiusura decisa da Fiat nel 2011 per avviare in Sicilia la produzione di auto, ma ibride ed elettriche. Piani mai partiti e sviluppati. Preoccupati i sindacati: “È evidente che serve dare certezza ai lavoratori degli stabilimenti del Piemonte, Abruzzo e Basilicata, mentre per i lavoratori di Termini Imerese è fondamentale che il governo nazionale, regionale e Invitalia riaprano il confronto sulla reindustrializzazione e rioccupazione dopo il fallimento di quello Blutec” , sottolineano Antonino Inserra della Fiom e Marco Barbieri della Fim. ” L’importante è non disperdere il patrimonio occupazionale “.

All’orizzonte c’è anche una seconda scadenza: l’udienza del 23 ottobre in cui la procura valuterà la situazione e darà il suo parere. L’accusa al momento per gli ex vertici, Roberto Ginatta e Cosimo Di Cursi, è per entrambi di malversazione ai danni dello Stato per avere distratto i finanziamenti che servivano a riconvertire Termini Imerese. Non è escluso che i pm di Torino contestino anche la bancarotta fraudolenta, ma bisognerà capire se il ministero, entro l’udienza, avrà già dichiarato aperta l’amministrazione straordinaria.

Fonte repubblica.it

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