Caso Seminara, sfogo dei parenti: “Volevamo solo dirti com’è andata”

Redazione

Cronaca - La lettera

Caso Seminara, sfogo dei parenti: “Volevamo solo dirti com’è andata”
La lettera dei due cugini dopo la sentenza di primo grado: "Volevamo solo sapere cosa è successo. Non ci fermeremo"

17 Febbraio 2020 - 12:25

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Piero e Antonio Seminara, cugini di Antonella Seminara, la donna gangitana scomparsa la notte del 4 agosto 2013 dopo il ricovero d’urgenza all’Ospedale di Nicosia (Leggi qui) 

“Erano le 18,30 del 4 Agosto del 2013 quando quella telefonata ci sconvolse. Partimmo all’improvviso ma non avremmo mai immaginato l’inimmaginabile. Ci eravamo incontrati solo mezz’ora prima e tutto sembrava andare bene. È stato tutto improvviso. “Il bambino non ce la fa, c’è stato qualche piccolo problema per la mamma ma tutto risolto”, così ci rassicurano i dottori. Parole che non potremo mai dimenticare.

Per sicurezza è meglio un trasferimento immediato a Sciacca dove ci dicono esserci un unico posto libero. Erano le 22 :30 e ci informano che eri pronta per partire. Sull’ambulanza immobile per due ore lunghissime finchè non cominciamo a chiedere spiegazioni, a chiedere aiuto con la paura che comincia a paralizzarci e l’ impossibilità di capire davvero cosa stava succedendo. Era tutto risolto e dobbiamo comunque partire per Sciacca, pronti a partire in ambulanza ma l’ambulanza rimane ferma.

Quando finalmente un elicottero sembra arrivare per portarti in salvo noi siamo in auto per questo viaggio della speranza che finisce in tragedia. Muori e poche ore prima eri pronta a dare la vita al tuo bambino. Non sappiamo cosa fare. Rimaniamo storditi, increduli… Soli.

È stato lì che ti abbiamo promesso che saremmo andati fino in fondo. Noi dovevamo sapere cosa fosse realmente accaduto. Per questo motivo ci ritroviamo tra avvocati e medici, a cercare la verità, a portarla questa verità davanti a te e al tuo bambino che dormite insieme per sempre. Volevamo poterti dire com’era andata e volevamo dirlo alla tua mamma e alla tua famiglia a cui è cambiato tutto da quel giorno. Ci siamo affidati alla giustizia perché ci rimane solo quella. Noi sappiamo che qualcosa non è andato come doveva andare ma sappiamo anche di non aver avuto le risposte che abbiamo chiesto, urlato, implorato quella sera. Siamo rimasti abbandonati e soli fino alla tragica notizia.

Dopo sei anni e 192 giorni arriva la risposta dalla giustizia che non accettiamo, e ci fa riflettere. Dopo anni trascorsi a combattere non è cambiato nulla, nessun responsabile e stesso ospedale inefficiente. Ricordiamo che dopo questa tragedia si doveva attivare a Nicosia la sala di rianimazione, perchè una tragedia simile non potesse ripetersi. Tutte chiacchiere! Si dice che il vero colpevole è il sistema (troppo semplice) ma il sistema è formato da cose o da persone ?

Ci hanno accusato di essere stati “pesanti”, di aver traumatizzato gli accusati, mentre noi abbiamo perso una sorella, una mamma, un’amica. Forse ha ragione chi dice che nella giustizia non si è uguali. Che noi siamo deboli e nostra cugina era una persona troppo umile per averla quella giustizia. Cominciamo a credere che sia veramente così. E allora cara cugina, ti rinnoviamo quella promessa di non fermarci adesso. Anche se non saremo mai “forti” abbastanza perché la forza ci è stata strappata quel giorno che sei andata via con il tuo bambino. Noi eravamo lì e sappiamo quello che è successo. Noi non possiamo dimenticare.

Piero e Antonio

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