Archiviata l’indagine su Mario Ruffino, c’è un assassino ma l’ha fatta franca

Beatrice Gozzo

Cronaca - Nessun colpevole

Archiviata l’indagine su Mario Ruffino, c’è un assassino ma l’ha fatta franca
Il 2 febbraio 2018, esattamente 3 anni fa, il corpo di Mario Ruffino veniva identificato in un canale di scolo a Buonfornello

02 Febbraio 2021 - 10:11

Archiviata l’indagine sulla morte di Mario Ruffino. Due cose però sono certe: Ruffino è stato ucciso ed il suo assassino ha occultato il cadavere. Dopo più di 3 anni di indagini non si è trovato il nome del colpevole, così la Procura della Repubblica di Termini Imerese ha chiesto l’archiviazione dell’indagine, accolta dal Tribunale senza l’opposizione dei familiari. La storia di Mario Ruffino ha inizio nel dicembre del 2016. Inizialmente etichettata come una misteriosa scomparsa, presto ha assunto i contorni di un delitto altrettanto misterioso. Ruffino, 44 anni, era una persona mite che viveva con i genitori. Un uomo fuori dagli schemi moderni: non possedeva un telefono cellulare o una propria autovettura. Aveva anche da diversi anni problemi di tossicodipendenza.

Domenico Giannopolo, ex sindaco di Caltavuturo, ai tempi della scomparsa di Ruffino ha partecipato attivamente alle ricerche e, dopo il ritrovamento del corpo, ha lanciato spesso appelli anche sui social, sperando di far venire fuori la verità. Oggi descrive ciò che è successo alla vittima come una: “violenza inaudita. Scatenata da cosa non è dato saperlo… qualcosa di raccapricciante”. Il cognato di Ruffino, Giuseppe Capuano, anche lui a lungo impegnato nelle ricerche, descrive i primi due mesi come difficilissimi. I familiari, oltre alla preoccupazione, furono costretti a gestire numerose telefonate in cui venivano segnalati avvistamenti di Ruffino, poi rivelatesi inconcludenti.

Due mesi dopo la sua scomparsa il corpo, il 2 febbraio 2018, esattamente 3 anni fa, il corpo di Mario Ruffino viene identificato. Era stato trovato due giorni prima in avanzato stato di decomposizione in un cunicolo di scolo, in contrada Pistavecchia, nei pressi della Stazione ferroviaria di Campofelice, subito dopo il sottopassaggio autostradale della Palermo Messina (in direzione Cefalù). Sul cadavere è stato detto molto: il corpo ritrovato avvolto in sacchi di plastica, segni di colpi di spranga, contusioni e traumi compatibili con un’incidente stradale. Eppure, fino a oggi, si sa solo che Mario Ruffino quel giorno di novembre si era allontanato da casa per andare a raccogliere funghi. Perché sia morto resta ancora un mistero.

Nell’estate del 2020 è arrivata la richiesta per l’archiviazione del caso. Poco dopo, nel mese di settembre, è arrivato il decreto di archiviazione. “Non è stata fatta da parte dei familiari alcuna opposizione a tale decreto, in mancanza di presupposti giuridici. La Procura e la Questura hanno condotto una vasta e dettagliata attività investigativa, che sfortunatamente non ha portato all’individuazione dell’autore del reato” dice Giovanni Macina, avvocato del padre della vittima. “Hanno chiuso le indagini per mancanza di prove” conferma Giuseppe Capuano, “Gli investigatori hanno fatto un lavoro impeccabile, hanno fatto di tutto e di più” aggiunge. “Forse, se fosse stato ritrovato subito sarebbero stati trovati i colpevoli (o il colpevole). Purtroppo il cadavere è stato occultato”. “Le indagini della procura – prosegue l’avvocato Macina – sono state condotte a trecentosessanta gradi, come spesso avviene in casi come quello di Ruffino, dove la morte è avvenuta senza apparenti spiegazioni”. L’indagine è stata condotta dapprima dal PM Giovanni Antoci e poi dal sostituto procuratore Carmela Romano, in collaborazione con l’area anticrimine del Commissariato di Polizia di Cefalù.

“Non parliamo di spranghe”, precisa l’avvocato Macina facendo riferimento alle notizie trapelate immediatamente dopo il ritrovamento del cadavere. “Dall’esame autoptico si evince che il Ruffino aveva subito lesioni contusive, compatibili con un meccanismo di schiacciamento, ed è morto per arresto cardio respiratorio, causato da un trauma contusivo cranico encefalico e toracico-addominale”. Un quadro che lascerebbe pensare ad un incidente stradale. Per quanto riguarda le tempistiche della morte di Ruffino sono stati effettuati molti esami sulla salma, racconta l’avvocato “anche sui parassiti presenti, dato l’avanzato stato di decomposizione. Da questi si è giunti alla conclusione che il periodo della scomparsa e quello della morte coincidono.”

Durante le investigazioni, sono stati recuperati anche i filmati delle telecamere nella zona in cui è stato rinvenuto il corpo, sono stati presi i tabulati delle celle telefoniche, ma senza alcun esito rilevante ai fini delle indagini. Ruffino era solito allontanarsi da Caltavuturo, era un “viandante”, dice Macina, “un soggetto particolare. Andava spesso a Buonfornello, non aveva un telefono cellulare. Era sotto osservazione del Sert (Servizi per le Tossicodipendenze). Aveva delle terapie che presuppongono che fosse osservato, essendo stato un tossicodipendente. Spesso per due o tre giorni non dava notizie di sé. Un solitario, un taciturno. Non era assolutamente un soggetto pericoloso. Spesso e volentieri dormiva fuori, in ripari di fortuna, o che magari le persone gli offrivano (anche garage) soprattutto dove era conosciuto”.

La personalità solitaria di Ruffino, il mancato possesso di un cellulare che potesse ricondurre o tracciare i suoi movimenti, l’assenza di legami sentimentali o amicali, tutti questi elementi non hanno propeso in favore delle indagini, e la procura si è trovata a indagare sul nulla. Non si sa quindi se il corpo sia rimasto nel canale di scolo sin dal giorno della morte, o se sia stato deposto lì a distanza di tempo e, se così fosse, come mai nessuno abbia visto alcunché di sospetto. “Non ci sono attualmente i presupposti per fare ricorso, anche se si potrebbero riaprire qualora venissero a galla dei nuovi indizi” conclude l’avvocato Macina. “Basterebbe uno spiraglio per riaprire il caso…” dice il cognato, e lancia un appello a chiunque abbia visto qualcosa, affinché non abbiano paura a parlare. Ciò che la famiglia chiede è avere almeno delle risposte per questa tragedia che, al momento, resta avvolta nel mistero.

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