Cronaca

I caseifici al collasso: “Aumenti insostenibili. Così chiudiamo”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

“Siamo un gruppo di imprenditori agricoli, proprietari di caseifici della provincia di Palermo, Enna e Agrigento che, dopo un incontro che si è tenuto a Gangi, ha costituito un comitato dal nome “Caseifici di Sicilia”. Abbiamo sentito la necessità di riunirci per confrontarci sul drammatico quadro economico che ci sta travolgendo. Ci rivolgiamo alle Istituzioni politiche e alle sigle sindacali del nostro settore. Alle difficoltà di reperire materie prime e ai rincari di carta, plastica, ferro prima si sono aggiunti, a peggiorare una condizione già difficile, l’impennata dei prezzi di luce, gas, gasolio e di conseguenza anche il prezzo del latte è “salito” repentinamente. Incrementi dei prezzi record si registrano anche per i concimi che vanno dal +170% e per le sementi. Questi aumenti hanno determinato una situazione in cui i costi di gestione sono diventati esorbitanti e superano di gran lunga il nostro guadagno. Per ovviare a tutto questo siamo stati costretti a modificare più volte i listini prezzi dei nostri prodotti. Questo aumento, che ad oggi è di circa il 50%, non riesce comunque a coprire i costi di conduzione che sono si moltiplicati fino ad arrivare a più del 100%. Siamo peraltro convinti che ulteriori rincari da parte nostra provocherebbero una forte diminuzione del potere di acquisto del consumatore finale dato che gli stipendi e le pensioni rimangono sostanzialmente invariati. Senza voler ergerci al ruolo di economisti, ma basandoci sulla semplice osservazione ed esperienza di anni di lavoro nel settore, prevediamo un crollo dei consumi che costringerà tutti i caseifici a fare magazzino o a svendere il prodotto e quindi a subire ulteriori perdite che avranno come unica conseguenza fatale la chiusura totale. Si è determinata una situazione che è ormai fuori controllo e che manderà al collasso il sistema produttivo italiano con pericolosi effetti non solo sul piano economico ma anche su quello sociale. Vogliamo aggiungere un altro dato. Molte delle nostre aziende si trovano in zone già svantaggiate a causa dello spopolamento, della mancanza di infrastrutture e di servizi. Una eventuale chiusura significherebbe accentuare i problemi territoriali che già abbiamo.

Disoccupazione, povertà e disuguaglianza saranno all’ordine del giorno. Non chiediamo assistenzialismo o bonus una tantum, ma il ripristino e miglioramento dei paradigma economici che prima ci consentivano, se pur con difficoltà, di coprire le spese e avere marginalità tali da poter operare investimenti che ci consentivano di migliorare in primis le nostre produzioni. Con estrema urgenza chiediamo che venga bloccato a un prezzo equo il costo di gas, energia elettrica e carburante eliminando le forme di speculazione che hanno permesso alle imprese che gestiscono e forniscono energia di fare extraprofitti causando panico e instabilità del mercato. Chiediamo rimborsi per le spese sostenute iniquamente che ci hanno fatto indebitare ancora di più con le banche in attesa che la situazione migliorasse, anche se di fatto é solo peggiorata. Se le nostre istanze non verranno recepite con immediatezza avrete la responsabilità del crollo di un sistema di imprese che da anni porta avanti il made in Italy attraverso la qualità di produzioni storiche fatte di saperi e tradizioni; avrete la responsabilità della disoccupazione che si produrrà e che sarà a carico di tutta la popolazione italiana; avrete la responsabilità dei problemi sociali che ne scaturiranno”.

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