Pubblichiamo parte del discorso del vescovo monsignor Giuseppe Marciante alla Città di Cefalù e alla Chiesa Cefaludense nella festa del Santissimo Salvatore in cui si concentra sulla vicenda delle aree interne (Snai)
Carissimi fratelli e sorelle,
grazie per la vostra fede dimostrata in questa occasione della festa del Titolare della nostra Basilica Cattedrale: Gesù Salvatore, Gesù Trasfigurato. Questa sera il Signore Gesù Cristo, nostro Salvatore, vuole condurci sull’alto monte della Luce e della Speranza. Per stare con Lui, in disparte, e per pregare. L’esperienza della Trasfigurazione, Gesù l’ha vissuta a partire dall’ascolto della Parola nella preghiera (cfr. Lc 9,29). È una lezione bellissima quella che il Nazareno ci consegna. A “trasfigurare” i nostri corpi, le nostre vite, la nostra Cefalù, le nostre comunità, il nostro presente e la storia è la preghiera alimentata dall’ascolto della Parola di Dio. Ci risulta particolarmente difficile comprendere in pienezza il significato della parola trasfigurazione. Sembra un vocabolo obsoleto. Non appartiene al lessico globalizzato dei social, della Rete. Chi di noi lo usa? Eppure ci appartiene.
Io uomo-cristiano vivo l’esperienza della Trasfigurazione ogni volta che, a partire dai sacramenti e dalla preghiera, non permetto allo sconforto e all’amarezza di impossessarsi del mio futuro. Di paralizzarlo, di imprigionarlo tra le sbarre dell’arcipelago delle vanità, delle apparenze. La Trasfigurazione ci addita il domani come il luogo dove abita la Speranza. L’uomo trasfigurato in ogni sua azione sceglie infatti la via del bene e della luce, ed è abitato dalla forza della resurrezione. Si veste di bellezza. Afferra la propria vita a piene mani, riesce a scuoterla per avviarla su un percorso di pienezza, di autenticità e di coerenza. E, ancora, l’uomo trasfigurato non rimane tra i campi della nostalgia bruciati dai raggi dei ricordi; non si arresta tra le lunghe corsie dei pallidi e palliativi rimedi che si riducono nel dire e nel dirsi buone parole rimandando tutto ad altre occasioni migliori. Promuove e realizza condizioni di cambiamento con modifiche radicali dei modi di esistere, di abitare la nostra Casa comune, la Terra, il nostro territorio e la nostra Città. Sapremo allora essere veri discepoli del Trasfigurato tra le piaghe aperte dell’odierno momento storico? Sapremo sostituire alla rassegnazione l’indignazione e l’impegno così da non consegnarci mai, in vita, alla morte?
Mi riferisco ora ad alcune problematiche che toccano nella carne il nostro Paese e la nostra Città. Desidero anzitutto riferirmi al Piano Strategico Nazionale sulle Aree Interne 2021-2027 (SNAI) che si interessa dei Comuni più piccoli e più lontani dai grandi centri abitati. Il tentativo di rilancio di questi Comuni equivale dunque ad un “accanimento terapeutico”; ad un inutile spreco di denaro pubblico. Il documento propone infatti – cito l’obiettivo 4 – «l’accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile»[1]. Vale a dire una sorta di “eutanasia comunitaria”. In modo particolare, le aree interne della Calabria e della Sicilia risultano aree del IV gruppo, ossia, quelle più a rischio povertà e quindi, come ho appena detto, da avviare dolcemente all’estinzione. Carissimi, cari Sindaci in modo particolare, contesto con forza tale visione. La luce che emana la Trasfigurazione mi dice che la Resurrezione di Cristo afferma la vita e nessuno può, in alcun modo, pianificare la morte di un territorio, di una città, di una cultura; insomma la morte di un popolo. Carissimi Sindaci, carissimi Cittadini, svegliamoci!
Aprite gli occhi e alzate la vostra voce: i paesi delle Madonie che voi rappresentate e governate rischiano l’estinzione. Se i nostri territori vengono abbandonati, non solo dai suoi abitanti, ma peggio ancora dalle Istituzioni, diventeranno un deserto arido (…).
L’urgenza di un futuro ci chiede d’immaginare e progettare un mondo in cui regni la pace. Oggi ricorre l’ottantesimo anniversario dello sgancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki: in quell’occasione l’uomo ha certamente sfigurato la Creazione, ma egli stesso ne è rimasto sfigurato. Mentre la luce della Trasfigurazione è la luce bellezza. Quella della bomba atomica è stata portatrice di lutti; di morte. Non possiamo più rimanere impassibili, quasi come spettatori narcotizzati, davanti alle immagini di morte e distruzione che ci giungono da ogni estremo del nostro pianeta afflitto, come tante volte ci è stato detto da Papa Francesco, da una «terza guerra mondiale a pezzi». Papa Leone XIV, nel suo primo saluto, ci ha ricordato l’importanza della «pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente». Ora più che mai è necessario che tutti gli uomini di buona volontà uniscano all’unisono le loro voci perché i potenti della Terra si adoperino concretamente a far tacere per sempre il frastuono delle armi che giunge al trono di Dio come un’inaudibile bestemmia. Preghiamo per i nostri fratelli e sorelle dell’Ucraina e della Striscia di Gaza che vivono sotto le bombe. Chiediamo, carissimi fratelli e carissime sorelle, al Cristo Trasfigurato, al Santissimo Salvatore, di donarci il coraggio di prendere il largo, di non lasciarci addomesticare e addormentare da paure e da noie, ma di scegliere di immaginare e progettare. La discesa dal monte della Trasfigurazione si fa adesso cammino di vita. Per tutti. Evviva Gesù Salvatore!