MAFIA, GIUSTIZIA E CASO MONREALE, STUDENTI “INTERROGANO” DE LUCIA
PALERMO (ITALPRESS) – Le azioni di contrasto alla mafia come punto di partenza per un dialogo a tutto tondo, che tocca la stretta attualità su temi di carattere sia politico sia di cronaca. Il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ha partecipato, al liceo scientifico Ernesto Basile, a un incontro con gli studenti di tre scuole del territorio: il liceo classico Giovanni Meli, il liceo linguistico Ninni Cassarà e lo stesso liceo Basile.
L’incontro rappresenta una tappa delle diverse attività realizzate dal Centro studi Paolo e Rita Borsellino nell’ambito dei percorsi per l’orientamento degli istituti scolastici coinvolti, realizzati nell’ambito del progetto sperimentale Enterprise, promosso dalla Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del Comune di Palermo per favorire lo sviluppo di una maggiore consapevolezza negli adolescenti e attivare processi partecipativi e cittadinanza attiva.
L’evento ha anche un valore simbolico, in quanto la sede scolastica ospitante è stata realizzata proprio in una struttura confiscata alla mafia nel quartiere Brancaccio.
Un centinaio circa i ragazzi che hanno partecipato all’incontro: molti di loro hanno rivolto domande a De Lucia, la cui riflessione non può che partire dalle operazioni che dopo la cattura di Matteo Messina Denaro hanno frenato i tentativi di riorganizzazione di Cosa nostra sul territorio.
“Mi piacerebbe operare in una città in cui ci sono molti meno reati – sottolinea, – Purtroppo Palermo è una realtà criminogena forte con un passato terribile, che ci riconduce alla presenza di una mafia che vive in questo territorio da 170 anni e ha sempre cambiato forma per gestire i propri affari. Non è solo un fenomeno criminale, ma qualcosa di profondamente connesso al tessuto cittadino: non parlo di quello popolare, anche se è da lì reclutano manovalanza, ma di quanti permettono di portare avanti i suoi interessi attraverso gente che propriamente mafiosa non è. È vero che Cosa nostra appare più debole rispetto a trent’anni fa, ma non è certamente sconfitta e ce lo dimostra l’operazione di polizia che a febbraio ci ha permesso di decimare diversi mandamenti: adesso la mafia si sta riorganizzando partendo dalle basi, per recuperare una forza militare pari al periodo antecedente a quello dei corleonesi”.
Due, spiega il procuratore capo di Palermo, gli strumenti attraverso cui si cerca oggi di combattere Cosa nostra: “I racconti dei collaboratori di giustizia e le intercettazioni, che non sono solo telefoniche ma coinvolgono anche il dark web: le forme di comunicazione che usa oggi la mafia sono sofisticatissime, ben lontane dai pizzini che usavano in passato, e pure noi dobbiamo evolverci con strumenti investigativi altrettanto nuovi. Servono in particolare poliziotti esperti in materia di cyber crime e una maggiore attenzione a quello che succede all’interno delle carceri, dove troppo spesso entrano oggetti. L’attuale legislatura vuole limitare il ruolo delle intercettazioni, ma sappiamo bene che i loro contenuti vengono divulgati solo per scopi processuali e non per altro: oggi i nostri strumenti non sono solidi come quelli della mafia, più la posta in gioco è alta più aumenta la necessità di adeguarci. Con le cosiddette persone perbene la mafia inizia a lavorare non con le minacce ma con le licenze, in modo che queste persone si ritrovino poi in condizione di debito”.
Durissima la presa di posizione contro la riforma sulla separazione delle carriere: per De Lucia “i cittadini sono tutti uguali davanti alla legge, ma la legge deve trattare tutti allo stesso modo. In un sistema dove le carriere sono separate il pubblico ministero non ha il potere di esercitare l’azione penale, ma solo discrezionale e di conseguenza politico: è la politica a dare presunti indirizzi su chi deve essere perseguito penalmente e chi no. In Italia dopo la seconda guerra mondiale si è deciso di avere un pubblico ministero indipendente dal potere politico e inserito nell’ordine giudiziario. Quella per cui andremo a votare non è una riforma della giustizia, ma della magistratura: nessun potere in democrazia dipende solo da se stesso, quindi tra qualche anno presumo ci sarà una seconda riforma per stabilire da chi dipenderà la magistratura requirente. Non può essere un ministro a dire quali reati lasciare stare e quali perseguire, perché è ovvio che l’attenzione riguarderà principalmente quelli che riguardano chi la pensa in modo politicamente diverso“.
Altro tema su cui risponde il procuratore capo di Palermo è la vicenda di Monreale, sulla quale le indagini sono in pieno svolgimento: secondo De Lucia “serve una riflessione più profonda su cosa fare per migliorare lo sviluppo socioeconomico di certe zone della nostra città: a Palermo circolano troppe armi, alimentate da un mercato su cui c’è la mano della mafia, e finiscono in mano ai giovani. Il livello culturale in determinate zone è molto basso e gli principali esempi arrivano dai social: c’è qualcosa che non va sul piano della formazione e del recupero del territorio. Serie tv come Il capo dei capi e Gomorra sono fatte bene, ma servono gli strumenti per capire che si tratta di narrazioni di una realtà da non emulare”.
– Foto xd8/Italpress –
(ITALPRESS)