Negli ultimi mesi il dibattito sul riconoscimento ufficiale della lingua siciliana si è fatto sempre più acceso. Tutto è partito dal deposito, all’Assemblea Regionale Siciliana, di un disegno di legge-voto che punta a far rientrare il siciliano tra le lingue tutelate dalla legge nazionale 482/1999, già applicata a idiomi come il sardo, il friulano e il ladino. A schierarsi apertamente a favore della proposta è l’Auclis (Associazioni Unite per la Cultura e la Lingua Siciliana), che ha diffuso una nota in cui esprime parere favorevole al testo. Secondo l’associazione, il disegno di legge rappresenta “un passo importante per la tutela e la valorizzazione del patrimonio linguistico siciliano” e sarebbe pienamente in linea con la Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie (Celrm), adottata dal Consiglio d’Europa.
Critiche dal mondo accademico, ma non mancano le voci fuori dal coro
Non tutti però condividono l’entusiasmo di Auclis. Diversi esponenti del mondo accademico siciliano hanno espresso forti perplessità sulla fattibilità della proposta, sottolineando possibili criticità dal punto di vista linguistico, giuridico e sociale. A difendere invece il disegno di legge è stato, con una lettera aperta, il professor Alfonso Campisi, docente all’Università La Manouba di Tunisi e titolare della prima cattedra al mondo di Lingua e Cultura Siciliana.
Lingua o dialetto? Il nodo della definizione
Uno dei punti più contestati è l’applicabilità della Carta Europea delle Lingue Regionali. Alcuni accademici ritengono che la Celrm escluda i dialetti, ma secondo Auclis si tratta di un equivoco: “La Carta esclude solo i dialetti della lingua ufficiale, ma il siciliano non è un dialetto dell’italiano. È una lingua con una propria autonomia storica e linguistica, riconosciuta a livello internazionale”.
Esiste già una forma scritta condivisa
Altro tema al centro del confronto è la possibilità di individuare una varietà comune da insegnare nelle scuole. Secondo i critici, il siciliano è troppo frammentato in dialetti locali per poter essere insegnato. Ma per Auclis il problema è superato: “Esiste già una koinè letteraria usata da scrittori e poeti di tutta l’isola. Non serve reinventare nulla: basta adottare questa forma già consolidata”.
Bilinguismo come risorsa, non come ostacolo
L’associazione contesta anche l’idea che insegnare in siciliano possa danneggiare l’apprendimento. “Numerosi studi internazionali dimostrano che il bilinguismo migliora le capacità cognitive, il pensiero critico e persino i risultati scolastici”, si legge nella nota, che cita gli esempi virtuosi di Galles e Catalogna.
Una lingua che non ha bandiere
Auclis infine rivolge un appello all’unità, sottolineando che la questione non deve essere politicizzata: “Il siciliano non appartiene né a un’ideologia né a un partito. È parte della nostra identità comune, e il riconoscimento deve essere un percorso condiviso da tutti i siciliani”.
Si è tenuto il webinar promosso da Auclis
Nell’ambito delle attività di promozione e sensibilizzazione, Auclis ha organizzato ieri un webinar aperto al pubblico con la partecipazione di esperti del settore. L’incontro ha offerto un’occasione per approfondire i contenuti del disegno di legge e per rispondere ai dubbi più diffusi, con l’obiettivo di costruire un dibattito più informato e costruttivo sul futuro della lingua siciliana.