MESSINA (ITALPRESS) – Beni per un valore complessivo di circa 30 milioni di euro – tra questi anche un tipico podere nobiliare immerso nel verde della Toscana – sono stati sequestrati da militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina – su decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina, su richiesta della locale Procura Distrettuale della Repubblica – nei confronti di due persone ritenute “socialmente pericolose” ai sensi del Codice Antimafia.
Il provvedimento, spiega una nota delle Fiamme Gialle, è il risultato di mirate investigazioni patrimoniali che hanno riguardato un ex avvocato originario di Messina, attualmente affidato in prova ai servizi sociali ed un legale originario della provincia di Vibo Valentia, ma attivo nel comprensorio peloritano.
Gli accertamenti svolti hanno fatto emergere fin da subito il ruolo di rilievo svolto dall’ex avvocato che per anni “ha messo a disposizione le proprie competenze professionali a favore di esponenti della criminalità organizzata. Da qui è partita l’analisi puntuale di tutte le attività investigative che lo avevano riguardato ed è stato possibile ricostruire un complessivo profilo di pericolosità sociale. Partendo da questo presupposto si è poi potuto determinare che i beni di cui lo stesso disponeva direttamente o indirettamente, non trovavano giustificazione nei redditi nel tempo dichiarati, facendo quindi presumere che gli stessi siano stati accumulati perché frutto di attività illecite”.
In dettaglio, “la pericolosità sociale” risulta chiaramente “dalle evidenze giudiziarie emerse nell’indagine “BETA”, risalente al 2013 e condotta dalla Procura di Messina, con la quale è stato accertato, nei confronti del principale proposto, il concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa per aver fornito uno specifico contributo al perseguimento degli scopi di una consorteria appartenente a cosa nostra e collegata al clan Santapaola Ercolano”, fanno notare gli inquirenti.
L’avvocato – successivamente radiato dall’albo, ha quindi assicurato nel tempo all’associazione mafiosa “un’assistenza tecnico legale completa, oltre ad avere partecipato direttamente alla commissione di taluni reati. Lo stesso si è, inoltre, impegnato ad elaborare una serie di strategie societarie e legali volte ad eludere le disposizioni in materia di prevenzione intestando fittiziamente svariate società a terze persone proprio per sfuggire a provvedimenti come quello da poco eseguito. In aggiunta, è stato possibile ricostruire il profilo di pericolosità di un ulteriore soggetto grazie alle risultanze emerse dalla più recente operazione “Default”, eseguita nel 2019 dalla Procura di Messina con personale della Guardia di Finanza, che hanno fatto emergere un’associazione a delinquere costituita da una serie di professionisti, compresi i destinatari della odierna misura, creata allo scopo di commettere più delitti contro il patrimonio, quali, tra gli altri, bancarotta, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, riciclaggio e auto-riciclaggio, falso ideologico in atto pubblico e appropriazione indebita”.
In particolare, continua la nota, anche i partecipanti a questa associazione “offrivano le proprie competenze a imprenditori insolventi che si rivolgevano a loro per preservare in modo illecito i patrimoni societari dalle procedure esecutive, a scapito dei creditori e del fisco. Nel corso di tale procedimento, era stata già applicata una misura cautelare ai due proposti in qualità di promotore e partecipe”.
La misura di prevenzione patrimoniale ha avuto ad oggetto complessivamente, 7 compendi aziendali comprensivi dei relativi beni patrimoniali, 1 partecipazione di capitale sociale, 1 polizza, 1 conto corrente, 49 beni immobili tra cui alcuni di notevole valore e pregio, 1 motociclo, nella disponibilità diretta e indiretta o comunque riconducibili ai proposti, per un valore complessivo di stima pari a 30 milioni di euro.
Tra i beni sequestrati anche un tipico podere nobiliare, immerso nel verde della Toscana, composto da una casa colonica ed abbellito da una pregevole cappella sconsacrata che si ritiene possa coincidere con un’antica rocca risalente al Medioevo. In base alle ricerche storiche, l’immobile sarebbe appartenuto alla famiglia Chigi che su questa rocca fece erigere anche la chiesa ancora esistente dedicata a San Bartolomeo. La Chiesa, ad unica navata, risale al 1200.
– Foto screenshot Guardia di Finanza –
(ITALPRESS)