Dopo sette anni di indagini, sequestri e processi, si chiude con un’assoluzione piena la vicenda giudiziaria che aveva travolto Antonio Di Dio, imprenditore agricolo di Capizzi, e i suoi familiari. Il 22 settembre 2025, il Tribunale ha pronunciato il verdetto definitivo: “assolti perché il fatto non sussiste”. Una decisione arrivata dopo sei ore di camera di consiglio, che ha spazzato via le pesanti accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e truffa ai fondi comunitari Agea.
La famiglia Di Dio era finita al centro di due operazioni antimafia della Guardia di Finanza coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta: “Nibelunghi” nel 2018 e “Terre Emerse” nel 2019. Le indagini si erano estese tra le province di Palermo, Messina, Catania ed Enna, coinvolgendo complessivamente 29 persone. Secondo l’impianto accusatorio, Antonio Di Dio, 38 anni, agronomo e imprenditore agricolo, sarebbe stato il presunto punto di collegamento con famiglie mafiose dei Nebrodi, delle Madonie, dell’Ennese e con clan catanesi. Un quadro che, alla luce delle prove emerse in dibattimento, non ha trovato conferma. Nel 2018 era scattato il sequestro di società agricole, immobili, capi di bestiame e terreni per un valore complessivo stimato in 7 milioni di euro. Con l’assoluzione, tutti i beni torneranno ora nella disponibilità della famiglia.
La linea difensiva
A sostenere gli imputati sono stati gli avvocati Benedetto Ricciardi e Giuseppe Greco, che nelle arringhe di giugno 2025 hanno messo in evidenza le incongruenze delle ricostruzioni accusatorie. La difesa ha contestato il fatto che l’intera famiglia fosse stata trattata come un unico blocco, senza una valutazione individuale delle singole posizioni. Il pubblico ministero aveva chiesto condanne fino a dieci anni e mezzo per Antonio, Domenico e Giacomo Di Dio, salvo poi ritirare le accuse nei confronti di Caterina Primo e Giuseppe Sivillo Fascetto. Da oltre sessant’anni attiva nel settore agricolo e dell’allevamento, la famiglia Di Dio non era mai stata coinvolta in precedenza in indagini antimafia o procedimenti penali di rilievo. Un dato che ha contribuito a rafforzare la tesi della loro estraneità agli ambienti criminali. La sentenza di assoluzione definitiva, con il conseguente dissequestro di beni e aziende, chiude una vicenda che aveva pesato non solo sulla famiglia, ma anche sulla comunità di Capizzi. “Dopo anni di sofferenza e sospetti – commentano i legali – la giustizia ha finalmente restituito dignità e verità ai nostri assistiti”.