Il 2026 si avvicina con l’entusiasmo di una newsletter dell’Agenzia delle Entrate: promette molto, chiarisce poco e porta con sé quella classica tensione che solo chi ha una Partita IVA conosce. Ogni anno si parla di semplificazioni, tagli ai contributi, incentivi al digitale e nuova linfa per le PMI, ma poi la realtà ricorda a tutti che tra annuncio e decreto attuativo c’è un abisso più largo del disavanzo pubblico.
Eppure, tra riforme fiscali attese, sgravi contributivi allo studio e un tentativo di rinfrescare il quadro normativo per imprese e freelance, il 2026 potrebbe essere un anno in cui programmare per tempo fa la differenza tra navigare sereni e finire travolti dall’ennesimo cambiamento a sorpresa.
IRPEF e Partite IVA: la promessa del ceto medio “un po’ meno spremuto”
La Legge di Bilancio 2026 interviene ancora sull’IRPEF. Dal periodo d’imposta 2026 la seconda aliquota, quella sullo scaglione tra 28.001 e 50.000 euro, scende dal 35% al 33%. Gli scaglioni diventano quindi 23% fino a 28.000 euro, 33% tra 28.001 e 50.000, 43% oltre i 50.000, con il beneficio pieno solo fino a 200.000 euro di reddito.
Tradotto: per i professionisti e le Partite IVA che vivono stabilmente in quello scaglione (i famosi “non ricchi, ma neanche poveri”) il risparmio annuo può arrivare intorno ai 400–440 euro, a seconda del reddito. Non stiamo parlando di una rivoluzione, ma di una piccola boccata d’ossigeno che, sommata ad altre misure, può aiutare.
Per chi è nel regime forfettario, resta confermata l’imposta sostitutiva al 15% (5% per i primi anni di attività) con soglia di ricavi a 85.000 euro, mentre si consolida il limite di 35.000 euro di reddito da lavoro dipendente per poter accedere o rimanere nel forfettario.
Sul fronte “flat tax allargata” resta sul tavolo l’ipotesi – più politica che tecnica – di ampliare ulteriormente la platea delle Partite IVA agevolate e di intervenire sulle definizioni agevolate dei debiti fiscali, con nuove rottamazioni mirate alle posizioni più vecchie e difficili da riscuotere..
Nuovo Codice degli Incentivi
La vera rivoluzione, per imprese e lavoratori autonomi, è il Nuovo Codice degli Incentivi, operativo dal 1° gennaio 2026. L’obiettivo ufficiale è ambizioso: regole unitarie, portale unico, procedure digitali e trasparenza sugli aiuti.
In pratica, cosa cambia?
Significa che bandi, contributi a fondo perduto, crediti d’imposta e agevolazioni dovrebbero seguire criteri comuni, con informazioni centralizzate su piattaforme come Incentivi.gov.it e Registro nazionale aiuti (RNA). Il Codice introduce anche un principio molto interessante: parità di accesso tra imprese e lavoratori autonomi, quando la misura lo consente. Questo vuol dire che un freelance, un consulente o una micro-impresa individuale potrà, in teoria, accedere agli stessi incentivi pensati per le PMI, senza essere tagliato fuori da requisiti pensati solo per le società.
È la promessa di una stagione nuova: meno “bandi su misura per chi ha l’ufficio legale interno”, più strumenti realmente raggiungibili anche da chi lavora in proprio con il laptop in cucina.
Transizione 5.0, iper-ammortamento e maxi deduzioni: il 2026 dell’impresa che investe
Il grande capitolo degli incentivi produttivi si sposta progressivamente dai classici crediti d’imposta verso super e iper-ammortamento 2026. La logica resta quella di premiare chi investe in beni strumentali innovativi, digitali e a basso impatto energetico, ma con meccanismi che passano direttamente per la dichiarazione dei redditi, maggiorando il costo fiscalmente deducibile dei beni acquistati.
Per le imprese, questo significa poter:
- Maggiorare il costo dei beni strumentali fino a percentuali che, nei casi più “premiati”, arrivano oltre il 200%, riducendo così il reddito imponibile.
- Sfruttare misure connesse alla logica della Transizione 5.0, dove gli investimenti devono generare una riduzione misurabile dei consumi energetici della struttura o del processo produttivo per accedere alle aliquote più vantaggiose.
Attenzione, però: tempi e condizioni sono molto stringenti. Molte misure richiedono impegni di investimento entro il 31 dicembre 2026, con possibilità di completamento entro metà 2027 se entro fine anno è stato versato almeno il 20% di acconto. È l’ennesimo paradosso italiano: si chiede alle imprese programmazione a lungo termine con finestre operative degne di un flash mob fiscale.
ZES, ZLS e Sud: i crediti d’imposta che continuano a contare
Per chi investe nel Mezzogiorno o nelle aree portuali e logistiche, il 2026 non è l’anno del “taglio netto”, ma della proroga. Il credito d’imposta per gli investimenti nella ZES Unica e nelle Zone Logistiche Semplificate (ZLS) viene esteso per il triennio 2026–2028 e, aspetto interessante, resta la possibilità di cumulare questi crediti con gli strumenti legati agli investimenti 4.0, entro certi limiti.
Per le imprese che operano in queste aree significa avere ancora margine per pianificare investimenti strutturali, sapendo che la leva fiscale è confermata su un orizzonte di più anni. Non è poco, in un Paese in cui spesso gli incentivi durano meno di un contratto telefonico.
Contributi e previdenza: chi apre ora paga (un po’) meno, ma deve capire bene come
Sul fronte previdenziale, il messaggio principale è rivolto a chi sta valutando di aprire la Partita IVA in forma di impresa individuale. La riduzione del 50% dei contributi IVS per i nuovi artigiani e commercianti iscritti per la prima volta nel 2025 alle gestioni speciali INPS produce effetti anche sulle annualità successive, fino a 36 mesi.
Tradotto: chi ha aperto nel 2025 si troverà nel 2026 con contributi decisamente alleggeriti. Chi apre nel 2026 dovrà valutare quali correttivi verranno introdotti, ma la direzione sembra essere quella di una maggiore attenzione alla sostenibilità contributiva delle nuove iniziative, anche alla luce delle riforme sulle pensioni che alzano progressivamente i requisiti di anzianità contributiva.
La morale, un po’ amara, è semplice: lo Stato prova a rendere meno traumatico l’ingresso, ma la responsabilità di pianificare in modo serio la propria posizione previdenziale resta interamente sulle spalle del titolare di Partita IVA.
AI Act e nuove responsabilità digitali: il 2026 dell’impresa che usa l’intelligenza artificiale
Se nel 2024 “usare l’AI” era un vezzo, nel 2026 diventa un tema di compliance reale. L’AI Act europeo entra a pieno regime con scadenze chiave fissate tra 2025 e 2026, imponendo a chi sviluppa o semplicemente utilizza sistemi di intelligenza artificiale obblighi di mappatura, classificazione dei sistemi (basso rischio, alto rischio, pratiche vietate) e documentazione dei processi.
Per le imprese e i professionisti questo significa che non basta più “avere un tool di AI in abbonamento”: bisogna dimostrare di usarlo in modo governato, con regole interne, procedure aggiornate, registri e formazione del personale. E, ciliegina sulla torta, la Commissione sta discutendo di eventuali slittamenti delle norme per i sistemi ad alto rischio, proprio perché l’impatto economico sugli operatori si preannuncia rilevante.
È qui che la responsabilità civile e professionale smette di essere un tema astratto: un errore generato da un sistema “intelligente” ma usato senza le dovute cautele non è fantascienza, è potenziale contenzioso legale.
RC professionale: da costo percepito a investimento obbligatorio
In questo scenario, parlare di Polizza di Responsabilità Civile Professionale non è un inciso da consulente assicurativo, ma un capitolo obbligatorio di pianificazione.
Chiunque lavori con clienti, dati, progetti, piattaforme digitali, consulenze e sistemi automatizzati è esposto a rischi operativi e legali: errori di valutazione, consigli sbagliati, ritardi che causano danni economici, violazioni (anche involontarie) di normative complesse come GDPR o AI Act.
Per questo una gestione finanziaria e previdenziale sensata nel 2026 non può limitarsi a conti correnti separati e un bravo commercialista: deve prevedere una copertura strutturale della propria responsabilità. È qui che piattaforme specializzate come Lokky diventano un alleato concreto, perché permettono a freelance, micro-imprese e professionisti di tarare la RC sulle proprie attività reali, senza dover decifrare da soli polizze scritte in linguaggio esoterico.
In un contesto in cui aumentano incentivi, agevolazioni e strumenti di crescita, aumentano anche gli occhi puntati su chi sbaglia. Avere una RC adeguata significa trasformare un rischio potenzialmente devastante in un costo prevedibile, integrato nella struttura del business.
Il 2026 sarà l’anno delle occasioni
Tra taglio IRPEF, regimi agevolati confermati, nuovo Codice degli Incentivi, iper-ammortamento 2026, proroghe dei crediti ZES e ZLS, agevolazioni contributive e obblighi crescenti su AI e compliance, il 2026 non è un anno neutro per Partite IVA e imprese. È un anno in cui chi si limita a “subire le regole” rischia di perdersi metà delle opportunità disponibili.
Chi, invece, si siede con calma, studia le novità, parla con il proprio consulente, pianifica investimenti, organizza la propria posizione previdenziale e inserisce in modo strutturale una Polizza di Responsabilità Civile Professionale nella propria strategia, può trasformare un anno complicato in un anno di vero salto di qualità.
Perché il 2026 non premierà chi lavora di più, ma chi lavora meglio, con i numeri sotto controllo, gli incentivi ben usati e le spalle coperte quando qualcosa, inevitabilmente, andrà storto.




