Le analisi sulle mummie di Gangi: “Così morirono i 36 preti”

Redazione

Cronaca - Lo studio

Le analisi sulle mummie di Gangi: “Così morirono i 36 preti”
Antropologi italiani, ricercatori britannici e radiologi del Cairo, hanno svelato i segreti di quei prelati nascosti nella chiesa di San Nicolò di Bari

10 Novembre 2020 - 11:34

“Venite e o vivi a visitar la morte, pria che la morte a visitar voi, scenda fui sempre bene prevenir la sorte”. Nel 1932 le mummie di Gangi, paese di indiscutibile bellezza arroccato nelle Madonie, turbarono l’artista visionario olandese Maurits Cornelis Escher che, scendendo nella cripta si trovò ad accoglierlo questa frase scritta sul muro: antropologi italiani, ricercatori britannici e radiologi del Cairo, hanno analizzato e svelato i segreti di quei prelati dal volto di cera nascosti nella chiesa di San Nicolò di Bari, e riportato a noi le sofferenze negli ultimi anni di vita di 36 di loro, vissuti tra il XVIII e il XIX secolo: più precisamente, tra il 1728 e il 1871.

“Si tratta di soggetti di età compresa tra i 42 e gli 81 anni. Questo – spiega Dario Piombino-Mascali, coordinatore dello studio, finanziato nel 2015 da National Geographic, di prossima pubblicazione sulla rivista scientifica internazionale “Forensic imaging” – giustifica l’esistenza di patologie degenerative, come l’artrosi, che si sposano con l’età avanzata della maggior parte dei soggetti analizzati. Abbiamo inoltre riscontrato quattro casi di malattia di Forestier, una condizione associabile al diabete di tipo alimentare, e vari esempi di calcolosi delle vie urinarie, che potrebbe essere indotta da obesità, eccesso di zuccheri e proteine animali. E poi sono presenti fratture occorse in vita, come quelle alle coste, o lesioni al cranio, indici di patologie ben più serie. I campioni analizzati sono mummie naturali e in due casi abbiamo rilevato evidenze di autopsie”.

L’analisi ha rivelato anche qualcosa sul metodo con cui le mummie vennero collocate nella cripta, con pali di legno e supporti di fil di ferro. E la sofferenza non escludeva il decoro o l’amore per l’arte: le maschere di cera, ad esempio, hanno residui di arsenico utilizzato probabilmente per colorarle; o un piccolo cartiglio custodito in bocca da un defunto. O, ancora, un collarino ecclesiastico fatto da un frammento di spartito musicale. Molte delle deposizioni di Gangi sono inoltre corredate da sonetti, che ne descrivono la vita e opere. Nella cripta riposa anche il gangitano esponente dell’arcadia Giuseppe Fedele Vitale, vissuto nel Settecento e considerato da molti il più grande poeta dialettale dopo Giovanni Meli. Nel 1789 decise di porre fine alla propria vita buttandosi da una finestra. La sua presunta bara, a differenza delle altre – si legge sul sito della Chiesa madre di Gangi – fu trovata chiusa con due lucchetti, forse perchè, suicida, non meritava la risurrezione.

“Ma sulla mummia attribuita a lui – conclude Dario Piombino-Mascali, coordinatore del progetto Mummie siciliane- i raggi X non hanno rilevato fratture o traumi di alcun tipo, il che potrebbe significare che il corpo indicato con quel nome non sia quello del poeta. Quello di Gangi è un patrimonio di informazioni, di cui la comunità ha grandissima cura”. Ma che ha bisogno, sottolinea la ricerca, di costante manunenzione. (Fonte Agi)

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