Mafia, confiscati beni per 100 milioni a costruttore vicino a Cosa Nostra

Redazione

Cronaca - Buonfornello e Campofelice di Roccella

Mafia, confiscati beni per 100 milioni a costruttore vicino a Cosa Nostra
A passare in mano allo Stato oltre 300 immobili, decine di conti bancari e diverse imprese

17 Dicembre 2020 - 08:51

Oltre 300 immobili, decine di conti bancari e diverse imprese. Sono i beni di Gaspare Finocchio, classe 1931, condannato dalla Corte di Appello di Palermo per associazione mafiosa. Il tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Direzione Investigativa Antimafia della Procura della Repubblica, ha emesso un decreto di confisca del patrimonio divenuto irrevocabile con sentenza della Corte di Cassazione, per un valore stimato di oltre 100 milioni di euro, eseguito dai finanzieri del Comando Provinciale di Palermo.

Finocchio è stato condannato a 7 anni e 3 mesi di reclusione. Lo stesso era stato arrestato con ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip del tribunale di Palermo nel 2003, unitamente al figlio Giuseppe ed ai fratelli Diego e Pietro Rinella, ritenuti i soggetti di vertice della famiglia mafiosa di Trabia.

Dalle indagini sono emersi convergenti elementi circa la sua partecipazione a Cosa Nostra, in particolare con riferimento al suo ruolo di imprenditore legato alla famiglia mafiosa di Trabia, in favore della quale avrebbe, secondo le evidenze giudiziarie e alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, subordinato la sua attività di costruttore, facendosi volutamente artefice di operazioni di reinvestimento dei proventi dell’attività illecita di tale compagine criminale.

Come dichiarava Antonino Giuffrè: “La costa da Buonfornello a Campofelice è stata terra di conquista e di scempio“, per la mafia che in quegli anni investiva nella provincia e proprio in tale ottica Gaspare Finocchio aveva accettato l’intestazione fittizia di alcuni dei beni della famiglia Rinella. Altri collaboratori di giustizia, tra cui Salvatore Contorno, Tullio Cannella, Giovanni Brusca e Giovanni Drago, hanno poi nel tempo affermato che il proposto era socio in affari o comunque un imprenditore “vicino” ad altri autorevoli esponenti mafiosi di Cosa nostra palermitana, tra cui i Graviano.

La Procura della Repubblica di Palermo ha pertanto delegato accertamenti economico-patrimoniali agli specialisti del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, che hanno evidenziato una significativa sproporzione, che negli anni ’90 ammontava a quasi 6 miliardi di vecchie lire, tra l’ingente valore dei beni e degli investimenti effettuati nel tempo ed i redditi dichiarati da Finocchio e dai soggetti ritenuti suoi prestanome, formali intestatari di parte degli asset proposti per la misura ablativa.

Il tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica, ha emesso a partire dal maggio 2004, diversi provvedimenti di sequestro che aggredivano gran parte del patrimonio immobiliare della famiglia Finocchio, nonché diverse società con il relativo complesso dei beni aziendali e disponibilità finanziarie degli stessi. A seguito della pronuncia della Corte di Cassazione, diviene pertanto definitiva la confisca, di 6 imprese; 377 immobili (tra terreni, ville, abitazioni, box, magazzini e terreni edificabili e non), tra i quali spiccano i complessi realizzati nel quartiere Brancaccio di Palermo e i villini di “Torre Roccella” a Campofelice di Roccella; 17 rapporti finanziari.

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