L’amministratore giudiziario Luigi Miserendino assolto anche in appello

Redazione

Cronaca - Sequestro Ferdico

L’amministratore giudiziario Luigi Miserendino assolto anche in appello
Dopo un lungo calvario giudiziario il consulente madonita si sfoga con un post su facebook: "Tante cose non sono andate come dovevano in questa vicenda"

28 Maggio 2021 - 17:48
Ieri la prima sezione penale della Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di assoluzione che aveva reso la quinta sezione penale del Tribunale di Palermo nel marzo dell’anno scorso. Anche per i giudici di seconda istanza, i fatti di reato posti a carico del noto consulente madonita, cui era stata affidata l’amministrazione giudiziaria dei beni dell’imprenditore Ferdico, non sussistono. Miserendino era stato accusato di non aver impedito al Ferdico l’accesso ai beni oggetto di sequestro, ma l’impianto accusatorio dei pm è stato smontato. L’amministratore giudiziario aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per amministrare al meglio il patrimonio ed informare gli organi competente dei comportamenti illeciti che continuava ad adottare Ferdico.
“Non si ritengono perfezionati gli elementi oggettivi di entrambe le fattispecie contestate, nella misura in cui non è possibile rinvenire con certezza alcuna condotta d’aiuto, attiva o omissiva, né in senso reale ne in senso personale… ciò poiché, a ben vedere, con la relazione riservata n.7 egli aveva reso edotta l’Autorità Giudiziaria del riavvicinamento del Ferdico alle strutture del “Portobello”, tant’è che – attraverso questa – il Tribunale della prevenzione aveva, per mezzo della locale Procura della Repubblica, fatto avviare le dovute investigazioni.”
“Inoltre – proseguono i giudici della Corte di Appello – va altresì evidenziato come l’imputato avesse operato le scelte contrattuali relative al patrimonio da lui amministrato (qui includendosi l’affitto del centro ad “Ariaperta” e “Fenice Store”) sotto l’egida dei provvedimenti del Tribunale di Prevenzione di Palermo, previa produzione di relazioni che, com’era ad esempio avvenuto nel caso di “BI.MI.”, normalmente implicavano l’effettuazione di indagini a carico dei soggetti contraenti, effettuate dalla stessa autorità procedente…Tanto basterebbe per eliminare la certezza intorno al configurarsi di condotta in qualche modo agevolativa in capo al Miserendino, sia essa reale che personale…”.
“Tutto il libero convincimento del Tribunale di primo grado e della Corte d’Appello, era per me molto chiaro sin dal primo istante in cui alle 5 di mattina del 3.10.2017 i militari del Gico bussarono a casa mia per arrestarmi ed ai quali dissi subito, dopo aver letto l’ordinanza, che stavano prendendo un abbaglio – afferma in una nota pubblicata sui social Luigi Miserendino, che racconta il suo calvario giudiziario.
“Tante cose non sono andate come dovevano in questa vicenda, a cominciare da indagini fatte male e continuate peggio, per finire con un Gip che ha scritto parole pesanti ed offensive nei miei confronti ed una Procura della Repubblica che ostinatamente ha voluto intestardirsi su accuse infondate senza tenere in minima considerazione quello che sin dal primo momento ho spiegato e dimostrato con i documenti, come se io fossi un delinquente la cui parola vale meno di zero. Il quadretto condito da una gogna mediatica perfetta ha causato ed ancora oggi continua a causare danni incalcolabili, a me ed alla mia famiglia.
Provate ad immaginare un insegnante che viene arrestato ingiustamente per pedofilia, o un ingegnere per aver fatto crollare un immobile, o un medico per aver tradito il suo giuramento di Ippocrate, un artista per aver falsificato delle opere, un poliziotto per aver fatto scappare un latitante….ecco questo è quello che mi è successo. I soggetti istituzionali con cui avevo collaborato lealmente per oltre 20 anni mi hanno arrestato accusandomi di tradimento della funzione di pubblico ufficiale; soggetti per i quali sarei stato disposto a mettere anche la mano sul fuoco in fatto di lealtà, di correttezza, obiettività e serietà di valutazione e giudizio; istituzioni cui avevo dedicato tutta la mia attività professionale come una missione. Invece è accaduto ciò che non avevo mai messo nel conto, di essere vilipeso da questi soggetti che avrebbero dovuto, nella mia errata convinzione, guardarmi le spalle e proteggermi dalle insidie. Tutto questo mi ha profondamente colpito e segnato per sempre; sono diventato una persona diversa, ho iniziato una nuova vita con punti di vista più equilibrati e consapevole che l’errore spesso si annida proprio dove pensiamo che non ci possa essere. Non sacro fuoco di giustiziere che rischia di lasciare solo cenere e macerie, ma giusta invocazione ed applicazione del diritto e delle garanzie costituzionali.”

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