Il tempo restituito: il pane che si fa teatro

Redazione

Cronaca - dal progetto "Pane e pietre"

Il tempo restituito: il pane che si fa teatro
Un’opera teatrale concepita per le Madonie, ma che ha in sé la forza di un messaggio universale

17 Settembre 2023 - 11:54

A distanza di una settimana dalla visione dello spettacolo “Il tempo restituito” rimane la strana sensazione di riconciliazione, lasciata da quel tozzo di pane, dal sapore così deciso, distribuito al pubblico. Anzi, restituito al pubblico! Quasi avesse assorbito in un impasto di acqua e farina, l’energia, il disincanto, la rabbia, il dolore, la forza e la speranza che, nel corso dei 9 episodi messi in scena, attraversano il palco.
E cosa significa restituire? Significa, letteralmente: “collocare al posto di prima”. È questa, in definitiva, la straordinaria forza dello spettacolo andato in scena l’8, 9 e 10 settembre a Pianello, Petralia Sottana e Gangi: aver restituito a queste comunità il senso del pane, con tutti i suoi chiaroscuri.
Il pane che un tempo mettevamo al centro della tavola, come una chiesa al centro del villaggio. Il pane che raduna i fedeli e che arma gli eserciti. Il pane che sfama di appetito i digiuni e il pane che affama di potere i sazi. Il pane che si canta, con giaculatorie gonfie di speranze, il pane che si … con imprecazioni gonfie di rabbia.  Il pane che unisce solo se viene diviso (e condiviso). Come la memoria.
Dal brillante e divertente monologo di Iridiana Petrone, sulla nascita dell’agricoltura e (quindi) del concetto di proprietà, alla disperata voglia di fuggire dal perimetro troppo limitato delle montagne madonite, mirabilmente incarnata dal “vomito e mangio” di Bianca Librizzi, fino alla toccante testimonianza dell’omicidio di Epifanio Li Puma. Anche questa “restituita”, rimessa al suo posto, grazie a due provocazioni dalla forza impareggiabile. La prima, quella del popolo rappresentato con le sembianze di un cieco, immobile sulla scena, che usa le sue cantilene come un esercizio di distrazione, una manleva sul delitto che di fronte a lui si compie. La seconda, quella dello straordinario documento storico, rappresentato dalla registrazione vocale del figlio di Epifanio Li Puma che, a decenni di distanza, non si dà pace del fatto di non aver saputo reagire. Di non aver consumato lì, sul posto, la sua vendetta, avendo custodita in casa, a distanza di pochi metri dal luogo del delitto, un’arma con la quale avrebbe potuto fare giustizia dei due sicari che uccisero suo padre sol perché voleva difendere il pane dei poveri.
Gli attori (professionisti e non) Francesco Gulizzi, Maurizio La Placa, Bianca Librizzi, Tino Magnifico, Paola Milio, Claudia Quattrocchi, Iridiana Petrone, Lorenzo Tortorici e Filippo Scavuzzo; il musicista Filippo Paternò; le coriste Angese Alfonzo, Gina Di Stefano, Elisa Duca, Franca Farinella, Irene Filippone, Franca Giunta, Giacinta Jacopello e con loro la coreografa Patrizia Veneziano; il videomaker Natale Sottile, Leonardo Bruno che ha realizzato i paesaggi video e degli ambienti sonor; il tecnico luci Calogero Scelfo e la regista collaboratrice Rosamaria Spena hanno saputo rappresentare con straordinaria efficacia un’opera teatrale concepita (dal regista Santi Cicardo) all’interno di un progetto (Pane e pietre, la comunità che resta) pensato e realizzato nelle Madonie, ma che ha in sé la forza di un messaggio universale. C’è forse un posto al mondo dove non si sia combattuto per spezzare le catene della fame? C’è forse un posto al mondo privo di abusi, violenze, prevaricazioni? C’è forse un posto al mondo dove non ci sia qualcuno che senta la smania di andar via? C’è un posto al mondo dove non si conosce il pane?

 

 

 

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