Migranti, è ancora polemica fra Comune di Geraci e Centro di Accoglienza

Beatrice Gozzo

Cronaca - Il caso

Migranti, è ancora polemica fra Comune di Geraci e Centro di Accoglienza
La cooperativa aveva chiesto di convertire il centro di seconda accoglienza in un Siproimi. No del Comune

24 Dicembre 2020 - 17:02

La storia dei migranti a Geraci Siculo è già stata affrontata, ma la “lotta” è ancora in corso sia per la cooperativa Sant’Antonio che per il Sindaco. La diatriba riguarda la vita di otto ragazzi, provenienti da parti del mondo differenti, ognuno con la sua storia, che da anni vivono a Geraci Siculo, ospitati dalla cooperativa Sant’Antonio nel Centro Accoglienza San Pietro.

Ma come funziona il percorso? I migranti minorenni, quando arrivano in Italia, vengono sistemati in un centro di prima accoglienza, dal quale poi vengono indirizzati nei centri di seconda accoglienza – come il San Pietro – dove rimangono fino al compimento dei 18 anni. A quel punto il tutore o il servizio sociale possono chiedere al Tribunale – in virtù dei percorsi intrapresi – la possibilità di farli restare in comunità fino a un massimo di 21 anni di età. Questa richiesta viene letta dal giudice tutelare che, in base al percorso e se lo ritiene opportuno, concede il prosieguo.

Se pronti all’autonomia, ovviamente, gli ospiti possono lasciare la comunità anche prima. Il senso è quello di permettere ai ragazzi di completare un percorso. I giovani di cui parliamo vivono a Geraci da quattro anni, ormai sono maggiorenni, e hanno già ottenuto il prosieguo amministrativo. Alcuni di loro hanno anche trovato dei lavori, ci racconta la responsabile del centro di accoglienza Francesca Cicero.

Oggi, in totale sono dieci i ragazzi ospiti della struttura. Solo per otto, come accennavamo, sono sorte le problematiche che hanno portato al caso con il Comune. La crepa con il Comune, già presente, si è allargata infatti quando il Sindaco ha chiesto di mandare i giovani in uno dei centri “Siproimi” della Regione, strutture sicuramente ottime e preparate, che potrebbero dare ai ragazzi un aiuto, ma che si trovano molto lontane dal luogo che ormai chiamano casa. Purtroppo, non per tutti Geraci è considerata casa loro, e i rapporti con il Sindaco si erano incrinati già dal 2015 per questo motivo.

Dai racconti di Francesca Lo Cicero viene fuori una realtà che già allora aveva manifestato diffidenza nei confronti dei giovani, in quanto extracomunitari: “Le politiche di accoglienza a Geraci, da quando se ne ha memoria, non hanno mai avuto riscontro da parte dell’amministrazione comunale, né quella di adesso né quella di prima”, ci spiega, alludendo al fatto che l’attuale Sindaco, Luigi Iuppa, era prima vicesindaco. “Sono in attività da sei anni e da sei anni lotto contro questa politica che non fa nulla per l’inclusione. Quando è andata bene i ragazzi sono stati ignorati. Quando è andata male, sono stati ostacolati.”

I centri d’accoglienza a Geraci sono due, ed entrambi avevano fatto domanda per poter istruire i giovani nelle strutture scolastiche comunali. Secondo Francesca Lo Cicero, solo il Comune di Geraci si era dimostrato poco propenso verso questa richiesta. Il preside di una scuola aveva proposto le aule del suo istituto in orario extra scolastico, per dare così la possibilità ai ragazzi di studiare, come è loro diritto. “Dopo sole due ore di lezione, siamo stati tutti cacciati fuori dall’istituto”. Si era creata, infatti, una forte preoccupazione tra i genitori dei ragazzi. L’ex Sindaco, Bartolo Vienna, aveva rivendicato la proprietà degli istituti scolastici. Le due strutture non si erano lasciate scoraggiare, organizzandosi per fare lezione nei loro ambienti, ma questo poteva andar bene solo per i più grandi in quanto, per legge, i ragazzi con età inferiore ai 16 anni dovevano essere inseriti in una classe.

“È stata proposta una classe ghetto” perché i giovani avrebbero potuto rallentare l’apprendimento dei ragazzi italiani. Il preside, per niente d’accordo con questa proposta, è riuscito a far inserire i ragazzi nelle classi. Questo ha fatto insorgere alcune famiglie. Non c’è stato, quindi, alcun supporto, ma per i ragazzi è stato fondamentale poter studiare a scuola, dove hanno avuto risultati brillanti. Ancora oggi gli insegnanti chiedono loro notizie”.

Il tempo è trascorso e a oggi le somme destinate agli otto giovani in prosieguo amministrativo sono state assegnate ad altre attività. La cooperativa aveva chiesto, per poter continuare ad aiutare i giovani, di convertire il centro di seconda accoglienza, Fami, (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione) in Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), ma questa richiesta non è stata accolta.

Il Sindaco, il dottor Luigi Iuppa, ci ha spiegato come mai questa conversione è impossibile. “I Siproimi, sono promossi da un comune proponente e gestiti da cooperative sociali, e sono luoghi in cui gli orizzonti dei ragazzi possono ampliarsi. Per questi ragazzi abbiamo individuato delle strutture idonee, ce ne sono diverse in Sicilia (a Messina, Partinico, Barcellona, Palermo) solo che i ragazzi non si sono voluti trasferire”.

“Vorrei fare chiarezza”, continua il sindaco, “In realtà a Geraci in atto non c’è alcun Fami. I Siproimi sono progetti che hanno un importo di trecento o quattrocento mila euro. Ci vuole una progettualità fatta dal Comune, un finanziamento del Ministero dell’Interno. Successivamente il Comune effettua una gara e infine c’è un aggiudicatario. La cooperativa non è un ente titolare dei Siproimi: il titolare era un ente partner di Trapani, che aveva un contratto, ma poi l’immobile è andato – ed è attualmente – in ristrutturazione. Vorrei capire come si potrebbe trasformare una cooperativa di seconda accoglienza, come quella in cui vivono i ragazzi, in un Siproimi, dato che l’ente titolare ha i locali in ristrutturazione”.

Il Sindaco sottolinea di aver cercato di utilizzare un percorso lineare, seguito anche dal Tribunale dei Minori. “L’ente che ospita può essere uno strumento ma non deve essere il fine. La posizione del Comune è quella di scegliere la migliore soluzione per i ragazzi, capire cosa è meglio per loro e per farlo bisogna astrarsi e pensare lucidamente”. Sull’accusa di non aver cercato alcuna forma di integrazione, il Sindaco cita un avviso pubblicato da maggio a giugno per un affido familiare, per trovare a questi ragazzi una casa. Francesca Lo Cicero sottolinea come in un solo mese sia difficile aspettarsi dei risultati.

Il tribunale ha, proprio in questi giorni, revocato la misura del prosieguo. La conseguenza è che, quasi certamente, perderanno il diritto ad essere ospitati dalla struttura. Rimangono evidenti le difficoltà che tutte le persone coinvolte devono affrontare in questa faccenda, partendo dai rappresentanti della Cooperativa che hanno provato e provano a sensibilizzare la comunità e si prendono cura dei ragazzi, fino ai problemi che può avere un Sindaco che deve far quadrare un bilancio. L’unica verità su cui tutti sono d’accordo è una sola: la burocrazia, con cavilli farraginosi e non adeguati alla situazione attuale dell’Italia, rende sempre più difficile la vita di questi giovani, che arrivano da noi sperando di poter diventare cittadini italiani a tutti gli effetti.

È una realtà difficile”, ci dice un giudice del Tribunale dei Minori. “Facendo questo mestiere si può incontrare sia l’uno che l’altro: sia la grande capacità di accoglienza che la chiusura totale”. “Il nostro obbiettivo”, conclude Francesca Lo Cicero, “che non so se sia utopistico, è quello di smuovere la coscienza. Questo appello è un motivo per riflettere, per prendere in considerazione una seconda volta le decisioni prese. Forse non servirà per Geraci, ma potrebbe servire in un futuro per altri ragazzi con situazioni simili, se non peggiori”.

 

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